Dia 10 – domenica 19 febbraio 2012
Puerto Natales – ore 6:30
Scambiamo qualche battuta ancora assonnati, ridendo per caricarci prima della nuova scalata. Nella notte nessun rumore di vetri distrutti, abbiamo riposato bene.
Ci vestiamo ed equipaggiamo per bene, fuori fa un bel fresco. Abbiamo mezz’ora prima che l’autobus passi a prenderci. Facciamo colazione nel silenzio dell’ostello e poi, zaino in spalla, usciamo nella pace del villaggio che si sta risvegliando. Il vecchio bus arriva quasi subito e scopriamo con grande rammarico di essere i primi che l’autista è passato a prendere. Con rammarico perchè il veicolo appena messo in moto è un vero e proprio blocco di ghiaccio, una cella frigorifera sulla quale si accomodano le nostre membra calde, con tanto di brivido che ci sale sulla schiena.
Attraversiamo il paese e poco a poco il bus si riempie e “l’effetto stalla” aiuta a sopportare il viaggio di due ore tra le piatte distese del Cile, finchè arriviamo alle porte del più grande Parco naturale della Patagonia: Il parco nazionale Torres del Paine, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1978. Il nome deriva da queste favolose punte di granito alte quasi 3000 metri che saranno la nostra meta per questa nuova impresa.
Il trekking di oggi ci porterà infatti fino al belvedere delle Torri, un percorso di circa 25 km che fa parte del mitico trekking “W”, chiamato così per l’aspetto del percorso sulla cartina. Questo trekking è considerato uno dei più suggestivi della Patagonia poichè tocca i punti più scenografici del circuito del Paine meridionale. Ah piccolo particolare… si percorre in ben 8 giorni! Massacrante.
Sull’autobus una ragazza, guardiaboschi, si raccomanda con tutti i presenti. Chiede di rispettare le regole e soprattutto ci ripete cento volte di non accendere fuochi all’interno del parco, visto che un ignorante qualche settimana prima ne ha mandato in cenere un decimo della superficie. Che cosa folle!
All’ingresso paghiamo il prezzo dell’entrata e ci facciamo mettere sui passaporti il timbro del parco per ricordare questo grande giorno. Avanziamo verso il piazzale dove prenderemo un nuovo minibus che ci scorterà fino all’hotel Las Torres, il nostro punto di partenza, quando Ciube si accorge, lanciando un boato che sconvolge la montagna, che il tipo del pedaggio gli ha messo sul passaporto il timbro dell’impresa degli autobus anzichè quello del parco!!! Ovviamente al ritorno rimedierà, pena la fucilazione per l’uomo sbadato.
Ma ci penseremo dopo perchè il piccolo autobus nel frattempo ci raccoglie e sfreccia sulla strada sterrata. Ovunque la natura incontaminata ci saluta con le sue rocce millenarie e la sua steppa sconfinata, percorsa dalle vigogne che “… si muovono in branchi!” come direbbe il prof. Grant di Jurassic Park.
Percorrendo la strada pensiamo che potrebbe essere bello farla a piedi al rientro… non sappiamo ancora quanto drammatica sarà la giornata e come saranno ridotti i nostri muscoli poche ore più tardi. Scendiamo dal colectivo (come si dice qui) e partiamo verso le Torri. Il sentiero attraversa una piccola pampa macchiata qui e là da cespugli verdi e dopo una piccola salita scendiamo verso il rio Ascensio e lo attraversiamo su un ponte di corde, stile Indiana Jones, che barcolla proprio come nel film. Sulla destra una mandria di cavalli corrono liberi, forse scappando da un T.rex… pazzesco.
Ma mentre il silenzio e il profumo degli alberi sempre più fitti ci avvolge, il trekking di livello facile-medio della Lonely Planet si rivela per ciò che temevamo: una scarica di coltelli che attraversano le nostre cosce e polpacci, mentre il sentiero inizia a tirare come un matto verso l’alto.
A fatica, fermandoci a tratti a contemplare il paesaggio immacolato di boschi e lagune azzurre sotto il cielo di grigia panna montata, raggiungiamo ansimanti la cima. Si… la prima cima che ci è costata 500 metri di dislivello e da lì notiamo con sommo sgomento che la strada ridiscende per vari metri e metri e metri e poi risale e risale e risale. A questo punto il nostro amico e compagno di viaggio Germano Mosconi ci raggiunge in una nuvola di luce e ci annuncia: “… ve toca rifar tuto da capooooooo!”. E infatti scendiamo e scendiamo e scendiamo accompagnati dal frastuono del fiume che scorre a valle e poi di nuovo, chiusi tra due montange coperte di pini antichissimi, dobbiamo risalire! Altri 500 metri di dislivello! E vai! Tra l’altro una serie di cartelli ci indicano beffardi a che punto del percorso siamo arrivati. Si prendono gioco di noi?
Questi km ci spaccano, ma ce li godiamo! Dopo circa un’ora e mezza la prima tappa è completata con l’arrivo al rifugio El Chileno.
Dopo una breve pausa nella quale ci rifocilliamo con buonissimo cioccolato fondente e acqua pura, ripartiamo. Di nuovo il sentiero è un “piùsalichescendi”, tra boschi profumati di muschio, acqua spumeggiante e ponti sospesi fino all’ultima terribile salita, una vera a propria pietraia.
Ci arrampichiamo sugli scalini di roccia aiutandoci con i rami e saliamo sudando ogni centimetro, verso il grande spettacolo finale! Iniziamo a intravedere le Torri, ma prima ci giriamo un’ultima volta a osservare il panorama dietro le nostre spalle… quanta strada ghemo fatto?!? Prendiamo fiato e siamo pronti, gli ultimi centro metri, i più lunghi! Giriamo attorno ad una pietra enorme ed ecco che la fatica sparisce di colpo e gli occhi, insieme all’anima, esultano davanti al sublime traguardo.
Proprio lì, a poche centinaia di metri da noi, le tre mastodontiche sorelle svettano prepotenti forando con imponenza il tetto celeste. La laguna che raccoglie l’acqua cristallina ai loro piedi completa il quadro che rimarrà per sempre indelebile nelle nostre menti.
Il vento accompagna le grida di gioia di chi, arrivato dietro di noi, esulta per la scalata e lo spettacolo mozzafiato, prima di sedersi a contemplare e quasi ad omaggiare le meravigliose creature di roccia.
E’ giunta l’ora di godersi il momento e di nutrirsi! Mangiamo sdraiati sulle rocce, mentre le colonne di granito ci proteggono. Scattiamo foto, ci abbracciamo e stringiamo la mano e ancora una volta… stiamo davvero bene in questo paradiso.
E’ davvero un peccato andarsene, ma dobbiamo ripartire prima che ci colga il freddo e il tramonto. Salutiamo le statue eterne e riprendiamo la discesa verso casa. L’emozione ci fa parlare, c’è ancora molta adrenalina da scaricare, molta gioia.
Ci fermiamo un attimo sotto il sole debole a riposare e mentre abbassiamo gli zaini ecco che arriva la sorpresa… Nic grida sottovoce: “a volpe, ghe xe a volpe!”. Ed è proprio una volpe, con il suo manto rosso e marrone chiaro e il muso appuntito. Esce da una roccia e ci passa di fianco in pochi secondi, scappando libera tra le fronde degli alberi. Riusciamo velocemente ad immortalarla.
Ripartiamo scendendo e risalendo di nuovo i nostri cari 900 metri di dislivello e poco a poco, come sempre, iniziamo ad essere stanchi e i nostri piedi gonfi ci chiedono pietà.
Arriviamo al campo base stravolti e contenti. Ci gettiamo terra in uno stato larvale, scende il freddo e l’autobus che ci deve riportare a Puerto Natales tarda ad arrivare. Tarda una vita!!!
Che facciamo? Accendiamo una sigaretta per farlo arrivare? Purtroppo non fumiamo più! Alla spicciolata arrivano al punto di raccolta altri ragazzi reduci da trekking tra cui 5 ragazzi cileni reduci dalle 8 tappe del trekking “W”. Non hanno più sembianze umane ma sui loro volti traspare la gioia di chi ha vissuto un’esperienza indimenticabile.
Il colectivo non arriva e conseguentemente, ciò che non può tardare ad arrivare sono le nostre ormai celebri imprecazioni con le quali ci scaldiamo sotto le montagne che ci dominano nell’imbrunire.
Alla fine l’autista ci raggunge con il suo carico di scalatori. Ripassiamo all’entrata, correggiamo l’errore sul passaporto di Jacopo, saltiamo sull’autobus e sveniamo.
Bravi ragazzi, anche oggi 24 km indimenticabili!
Arriviamo a Puerto Natales verso le 22.30, viola e con una fame da lupi! Ci fiondiamo subito in un ristorante e divoriamo il nostro rancio ricordando l’avventura del giorno, finchè le ultime forze ci abbandonano.
Buona notte Puerto Natales, domani si parte per EL FIN DEL MUNDO!
Che meraviglia! Grazie.
Uno spettacolo! quasi come e tre cime de Lavaredo! però, “chicos”, avete fatto solo una tappa degli 8 giorni ti treccking? AAAAAhhhhhhh. Bravi ‘o stesso.
Si, del trekking “W” abbiam fatto solo questa tappa… per farlo tutto ci sarebbero voluti più giorni di Patagonia e anche un pò più di preparazione atletica forse!!! Avendo a disposizione 15 gg e tanti spostamenti da fare abbiam dovuto fare delle scelte… Cmq la prossima volta lo femo tutto no sta gnanca avere in mente 🙂