Dia 15 – venerdì 24 febbraio 2012
Buenos Aires – ore 9:00
Un’ottima sveglia con tanto di cerchio alla testa che va a comporre una scritta molto chiara sulla nostra fronte: “Fernet Branca”.
Ci vuole una sana doccia fredda per toglierla di dosso.
Questa mattina possiamo e vogliamo fare tutto con calma; sistemiamo l’appartamento di Cecilia e prepariamo un buon mate, ottimo ricostituente post sbronza. Non che il sapore, in questi quindici giorni di Sudamerica sia migliorato… Il gusto della stalla è rimasto tale e quale!
Con un alito a prova di bue morto usciamo quindi nel caldo già torrido della megalopoli argentina per la nostra ultima passeggiata assieme, prima di salutarci.
Gironzoliamo a piedi apparentemente senza una meta precisa ma dentro di noi sappiamo bene dove vogliamo arrivare: “La Americana”, il migliore ristorante di empanadas dove già pasteggiammo all’inizio della nostra avventura. Non rimaniamo delusi: le empanadas sono veramente squisite… Difficile dire basta!
Satolli ci ributtiamo in strada sotto il sole rovente del pomeriggio, un’ultima passeggiata nella capitale prima di rientrare a casa di Cecilia per chiudere gli zaini ed entrare nell’ordine delle idee che tra poco ognuno tornerà da dove è venuto.
Un’ultima camminata per lo splendido quartiere di San Telmo ci da il tempo per ricordare molti momenti ancora una volta e ridere accantonando la malinconia che sempre accompagna la fine di ogni viaggio. Ci sediamo in un bar e pensiamo a quando ci incontreremo la prossima volta, pensando al futuro, come se questo viaggio avesse segnato un punto da cui ripartire. Insomma, ora bisogna andare…
Jacopo: alle 18:45 ho l’autobus che mi riporterà all’aeroporto internazionale di Buenos Aires EZE. Ma quanto tempo è passato da quando sono arrivato qua? In certi momenti direi 24 ore, in altri due anni. In realtà sono passati 15 giorni, 15 giorni dai quali abbiamo spremuto tutto il tempo a disposizione per vivere questo viaggio in maniera totale. Mentre sorseggiamo l’ultima birra parlo con Nicola e mi passano davanti agli occhi delle istantanee: i voli, gli autobus, i trekking, gli ostelli, i ghiacciai, i ramponi, le bistecche, la gente incontrata, le birre artigianali, il Cerro Torre, Ushuaia… Quante cose abbiamo visto!!! Quanta fatica ripagata. Sono stato bene qui. Mi sento più forte. Mi capita sempre di avere questa sensazione al termine di un viaggio. Il viaggio mi ricarica di energia nuova, sia fisica che mentale. Per questo voglio andare ovunque nel mondo. Voglio conoscere tutti i paesi e le persone che li abitano, assorbire, anche se per poco tempo, la loro cultura. Adesso si torna a casa, ma non per chiudersi dentro, solo per ripartire!
Prima di salire sull’autobus un lungo abbraccio con Nicola, che, come lui sa, considero il mio terzo fratello – l’hermano – insostituibile compagno di viaggio non solo qui in Patagonia.
E’ in questo momento che capiamo che questo viaggio non finirà ne’ adesso ne’ mai. Impossibile. Cercheremo di condividerlo con le persone a cui vogliamo bene per tenerne sempre nitido il ricordo.
Con un magone che mi stritola la gola parto verso l’aeroporto e ripenso ad una poesia che avevo letto prima di partire in un libro di viaggio:
Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita
senza mai scalfire la superficie dei luoghi
nè imparare nulla dalle genti appena sfiorate.
Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare
chiunque abbia una storia da raccontare.
Camminando si apprende la vita
camminando si conoscono le cose
camminando si sanano le ferite del giorno prima.
Cammina guardando una stella
ascoltando una voce
seguendo le orme di altri passi.
Cammina cercando la vita
curando le ferite lasciate dai dolori.
Niente può cancellare il ricordo del cammino percorso.
Rubén Blades
Nicola: Eccoci alla fermata dell’autobus per Ezeiza, tra poco ognuno andrà per la sua strada. Non sarà facile separarsi ancora, noi che siamo così uniti, ma mi sento più forte sapendo che le distanze non contano nella vita. Che si viva in continenti diversi non ci spaventa, prima o poi si troverà sempre un modo e un momento per percorrere un piccolo tratto assieme, come abbiamo appena fatto. Sembrava un sogno questo viaggio e invece eccoci qui a salutarci dopo averlo realizzato, pieni di immagini, persone, colori e profumi che insieme abbiamo scoperto e insieme ricorderemo e conserveremo. Ci stringiamo forte e facciamo le nostre solite ed eterne battute. Aspetto fino all’ultimo secondo, quando l’autobus gira l’angolo sono di nuovo solo. Ciao hermano, grazie per questo pezzo di cammino assieme. Sorrido e mi sento bello pieno di emozioni, anche se malinconico. Mi viene in mente una canzone: “next year” dei Foo Fighters e me la canticchio mentre torno verso casa e penso al nostro viaggio e a tante persone che ho conosciuto. Inizio ad avere una certa fame, è quasi ora di cena e devo mangiare prima di andare a prendere l’autobus che nella notte mi riporterà a Cordoba. Il pensiero è deciso e veloce ed eccomi qui caro DESNIVEL! Mi mangio il mio ultimo e indimenticabile bife de chorizo in solitaria, assaporandolo bene in onore al mio compagno di viaggio che sta salendo sull’aereo. Poi torno a casa. Dopo qualche ora sono sull’autobus di ritorno e poco a poco mi addormento nel cuore della pampa argentina che mi scorre accanto, mentre Cordoba è sempre più vicina.
E adesso, che sono arrivato alla fine di queste ultime righe, ripenso a questa citazione che da molto tempo mi accompagna e voglio condividerla con voi in questo momento nel quale, arrivati alla fine del racconto, mi viene voglia già di ripartire per continuare a viaggiare. La dedico a Jacopo e a tutti voi che avete camminato con noi in questi mesi. E’ un augurio e un invito: buon viaggio a tutti!
“…partire è innanzitutto uscire da sé,
rompere quella crosta di egoismo
che tenta di imprigionarci nel nostro io.
Partire è smetterla di girare in tondo intorno a noi,
come se fossimo al centro del mondo e della vita.
Partire è non lasciarsi chiudere negli angusti problemi
del piccolo mondo a cui apparteniamo,
qualunque sia l’importanza di questo nostro mondo.
L’umanità è più grande ed è questa che dobbiamo servire.
Partire non è divorare chilometri,
divorare mari, viaggiare a velocità supersoniche.
Partire è innanzitutto aprirci agli altri, scoprirli, farci loro incontro.
Aprirci alle idee, comprese quelle contrarie alle nostre,
significa avere il respiro del buon camminatore.
Felice chi comprende e vive questo pensiero:
“Se non sei d’accordo con me tu mi fai più ricco”.
E’ possibile viaggiare da soli,
ma un buon camminatore sa che il grande viaggio
è quello della vita ed esso esige dei compagni;
beato colui che si sente eternamente in viaggio
e in ogni prossimo vede un compagno desiderato…”
Helder Camara