Archivio mensile:agosto 2019

Capitolo II – Bukhara

Giovedì 8 agosto 2019

La mattinata inizia sotto il segno del benessere e della bellezza.
Ricca colazione nella consueta cornice “giardino zen” in cui tento di imitare una sensualissima Monica Bellucci mentre si pappa un fico durante il backstage del calendario MAX del 1999; chi dimentica è complice.
Find the difference:

Prepariamo gli zaini ma abbiamo ancora qualche ora prima del treno per Bukhara. Trovo anche il tempo per un po’ di toelettatura per la modica cifra di 20000 SOM (2 Euro).

Durante il viaggio a bordo del treno NO TAV Sharq abbiamo il tempo di leggere un po’ la nostra guida. Bukhara è considerata ancora oggi la città più sacra dell’Asia Centrale, il “pilastro dell’Islam”, e il suo centro storico che ospita edifici millenari non è cambiato molto negli ultimi due secoli, si ha quindi la possibilità di farsi un’idea reale dell’aspetto che aveva il Turkestan prima dell’arrivo dei Sovietici.
Bukhara è inoltre famosa per la bellezza delle strutture ricettive; molti B&B e guesthouse sono infatti ricavati da antiche case di mercanti disposte intorno ad un cortile interno e nascoste nelle stradine secondarie della Città Vecchia. Ad alcune è stato addirittura riconosciuto lo status di Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Il nostro B&B Sarrafon non delude affatto le aspettative sia per la comoda posizione a pochi passi da Lyabi-Hauz, la piazza principale costruita attorno ad una vasca (in tagiko Lyabi-Hauz significa proprio “attorno alla vasca”), sia per la cordialità del gestore. A dire il vero non vediamo l’ora di provare la colazione, il pezzo forte di queste accomodations!
Partiamo alla scoperta di Bukhara seguendo pedissequamente il metodo “cazzo” ovvero girando a caso ma non prima di un black tea a Lyabi-Hauz all’ombra di un antico gelso.

Nel corso del nostro girovagare capitiamo nel bel mezzo di un bazar coperto dove si susseguono decine di botteghe di abbigliamento anche se i prodotti ci sembrano sempre gli stessi: dalle t-shirt per turisti agli abiti simil-tradizionali. Ma è fuori dal bazar che Marta avvista un’altra bottega di abiti più “genuini”. La commessa si mette completamente a disposizione per le prove di rito e addirittura fa intervenire un’amica sarta quando si rendono necessarie alcune modifiche “live” sul vestito scelto. La bottega diventa un camerino e un laboratorio d’alta moda; nel giro di pochi minuti le sapienti mani della sarta allargano il braccio con dei piccoli intagli che vengono poi ricuciti. Il braccio del vestito, non di Marta (ndr).
Del resto siamo sulla via della seta no? Anche se il vestito è di cotone (ndr). Mentre siamo lì a girare Beautiful, si avvicinano alcune ragazze che iniziano a provare altri vestiti, anch’essi molto belli. Sono ragazze tedesche invitate ad un matrimonio di un’amica che si sposa con un ragazzo uzbeko. Comodo! E’ il primo pensiero. Che Figata! E’ il secondo pensiero. Che meraviglioso melting pot di cultura culinaria: würstel e black tea, plov (piatto uzbeko a base di riso, carne di montone e carote) e birre medie. Io e Marta, che quest’anno partecipiamo a matrimoni di amici in Polonia e Portogallo siamo dei dilettanti a confronto. Le ragazze tedesche sono arrivate a Bukhara senza vestito da cerimonia, intenzionate ad acquistarne in loco uno tradizionale. So che avrò creato molta curiosità in merito al vestito prescelto da Marta ma purtroppo non esistono foto della stessa indossante l’abito suddetto in quanto io fui accusato di essermi allontanato di soppiatto dal negozio ma solo per  effettuare alcune foto della vicina Medressa con la luce quella bella del tramonto… Neanche stessi ascoltando con la radiolina il Parma in “Tutto il calcio minuto per minuto” 💛💙.

Per cena ci facciamo consigliare il ristorante Minzifa dotato di una fantastica terrazza affacciata sulle cupole di un hammam. Assaggiamo degli altri piatti locali: polpette fritte di formaggio, altro formaggio caprino con erbette, verdure miste con l’onnipresente (e da me maledetto) coriandolo, i manty (ravioli ripieni di carne speziata o di verdure cotti a vapore) e della frutta con il gelato. Cena e location spettacolare con una brezza fresca che spazza via il caldo diurno dai nostri corpi.

Prima di ritirarci facciamo due passi a Lyabi-Hauz, attorno alla grande vasca dove autoctoni e turisti si raccolgono nei numerosi bar e ristoranti bevendo black e green tea. Da uno dei luoghi conviviali provengono note di musica uzbeka fino ad un inatteso (ma neanche troppo) regalo:

Parte:
Felicità di Albano e Romina.
La cantano tutti e mi sento malissimo
E mi rendo conto solo adesso
Che l’eredità del comunismo non va cercata nell’architettura e nei simboli,
Ma nell’anima di un popolo.

(Offlaga Disco Pax – Tatranky)

Venerdì 9 agosto 2019

Finalmente fu colazione. Porrige, omelette, frutta fresca, pane e marmellata, anguria, brioche fatta in casa molto fritta, black tea e caffè.
Una cannonata di calorie che ci serviranno per esplorare le tante cose da vedere oggi a Bukhara.

Come prima tappa ci dirigiamo appena fuori città al Char Minar, un edificio storico nascosto in un dedalo di vicoli, antico ingresso di una medressa oggi scomparsa.
Pagando una piccola somma alla proprietaria di una bottega adiacente riusciamo a salire sul tetto per ammirare da vicino i quattro minareti. Siamo gli unici quindi abbiamo tutto il tempo per “cazzeggiare in luoghi storici

Per tutto il resto del pomeriggio girovaghiamo per Bukhara visitando circa moltissimissime medresse e moschee di cui non citerò i nomi poichè pochi secondi dopo averli letti ve li sarete già dimenticati. Le foto si, quelle ve le mostrerò.

Intervallo refrigerante a base di gelato alla vaniglia molto in voga attorno alla vasca.

Il pezzo forte della giornata è senza dubbio il Minareto Kalon fatto costruire nel 1127 e alto circa 47, sopravvissuto per la sua imponenza e bellezza perfino alla furia distruttrice di Genghis Khan che decise di risparmiarlo. Le sue 14 fasce decorative, tutte diverse una dall’altra sono una testimonianza del primo utilizzo delle piastrelle color azzurro. Ai piedi del minareto sorge la moschea Kalon che è in grado di contenere oltre 10000 persone. Sarà che siamo arrivati con la luce giusta, sarà che ci sono pochi turisti nei paraggi, sarà che è l’ultima per oggi, ma il tutto ci sembra meraviglioso. Vaghiamo e contempliamo.

Per l’ultima cena a Bukhara scegliamo un’altra terrazza da dove dominiamo gran parte della città con le tante medresse e minareti visitati oggi. Il vento fresco in qualche modo resetta la stanchezza di una giornata calda e intensa e allo stesso tempo ispira analisi e riflessione sulla magia dell’Asia Centrale, sulla bellezza delle persone incontrate e la loro calorosa ospitalità. Sembra quasi che questi popoli abbiano accumulato nelle generazioni un’esperienza di relazioni tali per cui risulta geneticamente predisposta all’incontro con il viaggiatore che qui si sente a casa.

 

Nomadi che cercano
Gli angoli della tranquillità
Nelle nebbie del nord
E nei tumulti delle civiltà
Tra i chiari scuri e la monotonia
Dei giorni che passano
Camminatore che vai
Cercando la pace al crepuscolo
La troverai
Alla fine della strada

Siamo pronti per la prossima tappa. Domani risaliamo sul treno Sharq per raggiungere Khiva.

 

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Capitolo I – Samarcanda

Ridere, ridere, ridere ancora, ora la guerra paura non fa…” canta il Prof. Roberto Vecchioni.
Benvenuti a Samarcanda, non una città terrena” esclama lo scrittore di viaggio britannico Colin Thubron la prima volta che ci mette piede, poco dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
Un nome che sembra cantare, una di quelle mete della fantasia che uno si porta nel petto dall’infanzia” scrive Tiziano Terzani in Buonanotte signor Lenin.
Samarcanda.
E’ sufficiente questo nome per stuzzicare la fantasia di un immaginario mitico fatto di carovane polverose lungo la Via della Seta, mercanti dai denti d’oro che conducono stanchi e assetati cammelli per centinaia, migliaia di km.
Samarcanda la più ricca e colta tra le città carovaniere dell’Asia Centrale, meta irrinunciabile per ogni viaggiatore.
Samarcanda che si trova… Già in che paese si trova?!? Ah in Uzbekistan!
Ci siamo guardati in faccia io e Marta e ci siamo detti “Perché no? Oltretutto da febbraio 2019 non serve più nemmeno il visto! Spettacolo si va”.

“Non viaggiamo solo per il commercio. Da venti più caldi sono infiammati i nostri cuori ardenti. Per la bramosia di conoscere ciò che non andrebbe conosciuto, percorriamo la Strada Dorata che porta a Samarcanda.”
(James Elroy Flecker)

Ed eccoci atterrati a Tashkent, lunedì 5 agosto 2019.
Giusto il tempo di registrarci presso la guesthouse che ci ospiterà per la notte e di un rapido sonnellino dopo 24 ore insonni che ci catapultiamo tra le caotiche strade della capitale uzbeka. Il metodo più indicato e in uso per muoversi in città è il taxi. Scopriamo (e testeremo spesso nei giorni a venire) che chiunque in Uzbekistan è un potenziale tassista. A fianco dei taxi ufficiali infatti tutto il parco auto circolante è disponibile a offrire passaggi in cambio di pochi SOM, la moneta locale.
E’ sufficiente alzare il braccio lungo la strada che subito si viene circondati e raccattati da macchine di passaggio (quasi tutte Chevrolet – ex Daewoo).

Una volta a bordo è necessario:
– Armarsi di tanta pazienza; pochissimi Uzbeki parlano inglese quindi spiegare la destinazione non è proprio una passeggiata
– Contrattare il prezzo; mai con cattiveria e sempre con il sorriso sulle labbra… Si ottiene quasi sempre uno sconto del 20-30% rispetto al prezzo iniziale (per una corsa di circa 10 minuti si parla di prezzi che variano tra 1 Euro e 60 centesimi… per questo non vale la pena di incazzarsi ma trattare è obbligatorio!)
– Inventare nuove e creative forme di comunicazione; il guidatore uzbeko quasi sempre tenta di comunicare ed è bellissimo: “ITALIA?!? CELENTANO! TOTOCUTUGNO! MILAN! MAFIA! BERLUSCONI KAPUT!” “MORTI, MORTI, SONO TUTTI MORTI I THINK”

Qualche volta il coefficiente di difficoltà può anche aumentare drammaticamente come ad esempio in occasione della nostra prima corsa in taxi a Tashkent.
Jacopo: “Hello! Railway station please. CIUF CIUF”.
Autista “AAAAAH uhh”
Jacopo: “Pardon?”
Autista: “AAAAAG”
Marta: “è sordo.”
Jacopo: “ma come sordo… lo conosci?”
Marta: “…” “scrivilo sul telefono: STATION TRAIN”
Jacopo: “gegna”
Autista: cenno della mano con pollice in alto e indicazione del prezzo sullo schermo del telefono.

Grazie tecnologia. Si parte!

Arrivati alla biglietteria della stazione mi accorgo di non avere con me il passaporto… “Cazzo l’avrò lasciato in camera”. Riusciamo comunque dopo una fila di mezz’ora ad acquistare i biglietti per il treno NO TAV chiamato Sharq destinazione Samarcanda. Felicità.
Cambiamo dei dollari in SOM e ceniamo in un ottimo ristorante indiano in zona stazione. Niente taxi per il ritorno, facciamo due passi in modo da vedere un po’ di città da cui ripartiremo domani mattina. Lungo la strada decine di “bancarelle” improvvisate per la vendita di angurie e meloni, tra i prodotti più tipici dell’agricoltura uzbeka.


Pur essendo le 11 di sera incrociamo un sacco di gente fuori a passeggiare comprese tante famiglie. Di giorno le temperature possono superare anche i 45 gradi perciò gli orari vitali sono spostati in avanti verso le ore in cui le temperature ritornano ad essere più clementi.

Una volta in camera mi metto a cercare il passaporto, dapprima in maniera rilassata, poi, non trovandolo, in maniera leggermente più nervosa. Sudorazione fredda e secchezza delle fauci. Ribaltiamo la camera ma del passaporto nessuna traccia. TACHEMO BEN.
Poi un lampo di genio.
Marta “non è che è rimasto giù alla reception sulla fotocopiatrice quando ci siamo registrati”?
Jacopo “corro”.
Ragazza alla reception: “SORRY SORRY SORRY SORRY”
Jacopo “It’s OK ma mi devi 7 bypass”

Martedì 6 agosto 2019
Questa volta col tassista sembra andare tutto liscio ma mai cantare vittoria troppo presto.
Tashkent railway station!” “OK! Italiano totocutugno!” “BRAVO!
E in men che non si dica siamo in effetti alla stazione di Tashkent carichi dei nostri zaini Bruttofigliodiputtana e Nettolozaineetto.
Facciamo per entrare quando uno sbirro ci chiede dove dobbiamo andare. “Samarkand!” Rispondiamo noi in coro.
Sbirro: “Samarkand station not here. 4 kms away”.
Noi: “ma come?!?” – seguono numerose bestemmie – La temperatura supera già i 35 gradi e il nostro treno parte tra circa 20 minuti. Dobbiamo trovare un taxi al volo. Si ferma un signore completamente senza denti. Saliamo e non discutiamo neppure il prezzo.
Corri cavallo corri ti prego, fino a Samarcanda io ti guiderò
Lo sdentato guida svelto e saliamo al volo sul nostro treno già pronto al binario 2.
All’interno della carrozza di austera fattura sovietica ci accoglie una temperatura di circa 56 gradi che si stempera non appena mettono in moto e la tanto attesa aria condizionata inizia a circolare.
We can do it! Si va!

Ci accomodiamo a metà pomeriggio nel delizioso giardinetto interno della Marhabo Guesthouse, all’ombra di uno splendido caco. Dall’interno dell’abitazione dei proprietari udiamo un suono che poco a poco si fa strada nel nostro cervello. E’ il rumore di un coltello che taglia sull’asse di legno. “Ti prego fa che si materializzi un vassoio con un’anguria tagliata a fette”.
E così fu. “Welcome watermelon!”

Col giusto rinfrescato piglio ci dirigiamo verso il fulcro della città, uno dei luoghi più straordinari di tutta l’Asia Centrale, il Registan, con la sua profusione quasi esagerata di maioliche e mosaici di colore azzurro. Il Registan era il centro commerciale della Samarcanda di epoca medievale, un vero e proprio bazar delimitato dalle tre imponenti medresse. Samarcanda fu l’epicentro delle rotte delle carovane di spezie che percorrevano lente la Via della seta. Avvertiamo l’emozione di trovarci in un luogo leggendario, per quanto negli anni sia stato modificato o restaurato, sotto l’immagine da cartolina vi sono tonnellate stratificate di storia e di arte. Meraviglia vera.
Iniziamo ad esplorare le medresse che oggi ospitano una miriade di negozietti nascosti al proprio interno. Cerchiamo di spostarci sempre restando all’ombra come dei veri e propri ninja.

Al centro della piazza si sta allestendo un palco enorme che ospita per tutto il mese di agosto il festival Sharq Taronalari con numerosi gruppi di ballo e musica tradizionale in una cornice incantevole.
Ci sediamo all’ombra e osserviamo. Il caldo si fa sentire ma è secco e una brezza costante rende il clima più che piacevole.

Verso le 4pm ci cacciano perché le prove stanno entrando nel vivo e allora ci dirigiamo verso la Moschea di Bibi-Khanym che un tempo fu una delle moschee più grandi del mondo islamico. Ci abbandoniamo in una delle panchine del cortile centrale, i turisti sono pochi e regna il silenzio. Si respira serenità. Stiamo bene. Siamo in vacanza.

Ultima tappa della giornata è un’immersione tra i colori e i profumi del Bazar Siob dove tutti i giorni i banchi vengono riempiti da cataste di frutta secca, verdura, angurie di tutti i tipi ma anche abbigliamento e cianfrusaglie varie. Presenza immancabile il pane tipico uzbeko – lepyoshka – che consiste in una sorta di disco poco croccante che viene cotto a contatto della parete di un forno artigianale.

Siamo pronti per la cena e per la scelta del ristorante ci facciamo consigliare dal gentile proprietario della nostra guesthouse.
“We would like to eat some local uzbeki food”
“No problem”.
Un suo amico tassista prontamente accorso ci porta in un locale che di turisti manco l’ombra… Bene così!
Assaggiamo due tipi di zuppe a base di verdura con della panna acida ad accompagnare, un’insalata mista in cui i pomodori sanno veramente di pomodori, i peperoni sanno veramente di peperoni e la cipolla sa veramente di cipolla, un paio di spiedini di carne di montone, pane uzbeko, bottiglione d’acqua e l’immancabile black tea a chiudere. Totale spesa 50000 SOM ovvero circa 5 Euro.

All’uscita scopriamo che il nostro amico tassista ci ha aspettato per portarci a casa, passando il tempo a chiacchierare con alcuni personaggi del ristorante; noi lo ringraziamo e lui per farci ancora più felici fa partire HIT MANIA DANCE ESTATE 1993 perciò rientriamo cantando e scambiando gesti di approvazione per i pezzi vergognosi che si susseguono.

Mercoledì 7 agosto 2019

La giornata non può che iniziare bene con una coccola di colazione sotto il caco.
Black Tea, frutta secca, frutta fresca, uova, formaggio, bacon, pane, marmellata.

Siamo pronti per affrontare un altro dei pezzi forti della città ovvero Shah-i-Zinda, un vero e proprio viale di mausolei ornati con alcune delle più belle decorazioni in piastrelle del mondo musulmano, alcune risalenti addirittura al XIV secolo.
Marta può in questa occasione essere molto #fashonblò in quanto le viene gentilmente “prestata” una gonna di colore verde (colore sacro che simboleggia la religione islamica) per poter effettuare la visita.

Dallo Shah-i-Zinda partiamo in esplorazione di alcune vie secondarie di Samarcanda fino a raggiungere un altro bazar all’aperto dove troviamo del vero cibo di strada: assaggiamo le uzbek somsa, dei triangoli di pasta sfoglia ripieni di cipolla o di macinato di carne. Squisiti. A questo punto una pausa pennica al parco è quasi d’obbligo. Qualcuno russa e la vera notizia è che per una volta non sono io.

Abbiamo ancora il tempo per visitare il mausoleo di Tamerlano, nome italianizzato di Timur “lo zoppo” o ancora meglio Gur-e-Amir, il condottiero turco-mongolo che tra il 1370 e il 1405 conquistò larga parte dell’Asia centrale e occidentale, fondando l’Impero timuride.
Va detto ad onor di cronaca -soprattutto per i tanti fotografi che leggeranno queste righe- che dalle ore 18 in poi, quando il sole ormai si appresta a iniziare la fase del tramonto si crea sugli edifici di mattoni e maiolica azzurra una luce molto calda che ne aumenta ulteriormente la bellezza.

Dopocena decidiamo di rientrare a piedi, e’ l’ultima notte a Samarcanda prima della partenza per Bukhara quindi vogliamo gettare un ultimo sguardo al Registan più consapevoli che dietro a questa straordinaria bellezza c’è qualcosa di ancora più potente e leggendario. Una storia millenaria fatta di viaggi, di scambio di merci, di incontri, di persone con costumi, tradizioni, e religioni diverse, di racconti, di arricchimento culturale reciproco. Una società all’avanguardia, un polo culturale, un ombelico del mondo. Attorno a noi la città si muove, discute, balla, si diverte, consuma insieme litri e litri di coca cola, le bottiglie grandi, quelle da un litro e mezzo. Parola d’ordine CONDIVISIONE.

“Ora che ho visto Samarcanda, non potrò più sognarla”

(Tiziano Terzani)

 

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