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Capitolo VI – Tashkent

Venerdì 16 agosto 2019

Mega cartelloni con gigantografie di AL BANO. E’ questo il crudele segnale del ritorno alla vita metropolitana e in qualche modo si chiude anche il cerchio della nostra ideale colonna sonora del viaggio. Felicità di Al Bano e Romina.
Oggi dobbiamo consumare gli ultimi SUM rimasti perciò usciamo alla ricerca di un supermercato ma soprattutto di qualcosa da mettere sotto i denti. I soldi meglio spesi insomma.

Secondo la nostra guida, Tashkent è una delle città più verdi del mondo (circa il 35% del territorio è verde con 68,4 mq di giardino per ogni cittadino) e abbiamo modo di accorgercene in quanto durante la nostra passeggiata continuiamo ad attraversare parchi traboccanti di alberi, arbusti e aiuole colorate.
Il più grande di questi è l’Alisher Navoi National Park che comprende anche un grande lago, canali, fontane e giardini ornamentali. È il cuore verde della capitale dell’Uzbekistan ed è il posto migliore per sfuggire alla vita caotica. Ci appollaiamo e ci gustiamo il fresco dell’ombra. Senza mai smettere di mangiare ovviamente.

Proprio quando tutto sembra filare liscio vengo scosso da un fortissimo spasmo che mi costringe a correre alla ricerca di bagno. Un bar all’interno del parco è quello che fa al caso nostro. E’ l’ultima scarica della vacanza. Un altro cerchio che si chiude… in tutti i sensi. Ordiniamo due tea seduti in ampie poltrone nel bel mezzo di uno splendido giardino. Il giovane cameriere ci chiede stupito: “Ma come? Solo due tea?!? Non mangiate nulla?” Attacca bottone e non appena gli diciamo che siamo italiani il suo volto si illumina. Ci racconta che ha appena fatto richiesta per una borsa di studio tramite l’università di Tashkent per venire a studiare in Italia e che ora sta cercando di racimolare quanto più denaro possibile prima della tanto desiderata partenza. Ammiriamo la sua energia, tenacia e la voglia di aprirsi al mondo. Terminato il nostro tea gli chiediamo il conto ma con un’espressione stupita ci guarda sorridendo: “avete preso solo un tea, non dovete pagare nulla!”. Sbigottiti dall’ennesima prova di ospitalità uzbeka, gli lasciamo il nostro numero di telefono e gli diciamo che saremo felici di ospitarlo una volta che sarà dalle nostre parti.
Grazie mille diarrea! Senza di te non avremmo mai conosciuto una così bella persona. Così è la vita.

Ultima, ma non per importanza, tappa del pomeriggio al supermercato, dove acquistiamo frutta secca, qualcosa di incomprensibile a caso in scatola, pane uzbeko e ovviamente dolci tipici come se non ci fosse un domani. Al momento di pagare utilizziamo gli ultimi contanti rimasti, non esistendo della moneta che valga ancora meno del “niente” il cassiere ci consegna il resto in caramelle. Si realizza finalmente un sogno di bambino: ricevere il resto IN GOLEADOR.

La serata prosegue placida tra uno sguardo alle bancarelle del parco, a un necessario taglio di capelli (pochi, i miei), e un ripercorrere i momenti più belli ed emozionanti, tanti, del nostro viaggio in Asia Centrale. Abbiamo percorso un tratto dell’antica Via della Seta, torniamo a casa con un sacco di storie da raccontare e ci rendiamo conto che non può essere altrimenti, perchè questa antica via è fatta proprio delle storie dei viandanti che l’hanno percorsa nei secoli. E’ l’essenza della strada. E’ il racconto di un’avventura. Un racconto che è ancora più ricco perchè fatto di diverse culture, religioni, tradizioni e popoli. Insomma per dieci giorni è stato come essere i protagonisti di voglio vederti danzare di Franco Battiato anche se la voce era quella di Toto Cutugno o di Al Bano. E poi Marta. Ci siamo presi cura l’uno dell’altra nei nostri momenti di difficoltà instestinale, abbiamo superato incolumi la prova di condividere tutto per due settimane consecutive (nuovo record!). Anche noi nel nostro piccolo mettiamo un archivio un piccolo tratto della nostra personale Via della Seta.

Al prossimo viaggio!

 

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Capitolo I – Samarcanda

Ridere, ridere, ridere ancora, ora la guerra paura non fa…” canta il Prof. Roberto Vecchioni.
Benvenuti a Samarcanda, non una città terrena” esclama lo scrittore di viaggio britannico Colin Thubron la prima volta che ci mette piede, poco dopo il crollo dell’Unione Sovietica.
Un nome che sembra cantare, una di quelle mete della fantasia che uno si porta nel petto dall’infanzia” scrive Tiziano Terzani in Buonanotte signor Lenin.
Samarcanda.
E’ sufficiente questo nome per stuzzicare la fantasia di un immaginario mitico fatto di carovane polverose lungo la Via della Seta, mercanti dai denti d’oro che conducono stanchi e assetati cammelli per centinaia, migliaia di km.
Samarcanda la più ricca e colta tra le città carovaniere dell’Asia Centrale, meta irrinunciabile per ogni viaggiatore.
Samarcanda che si trova… Già in che paese si trova?!? Ah in Uzbekistan!
Ci siamo guardati in faccia io e Marta e ci siamo detti “Perché no? Oltretutto da febbraio 2019 non serve più nemmeno il visto! Spettacolo si va”.

“Non viaggiamo solo per il commercio. Da venti più caldi sono infiammati i nostri cuori ardenti. Per la bramosia di conoscere ciò che non andrebbe conosciuto, percorriamo la Strada Dorata che porta a Samarcanda.”
(James Elroy Flecker)

Ed eccoci atterrati a Tashkent, lunedì 5 agosto 2019.
Giusto il tempo di registrarci presso la guesthouse che ci ospiterà per la notte e di un rapido sonnellino dopo 24 ore insonni che ci catapultiamo tra le caotiche strade della capitale uzbeka. Il metodo più indicato e in uso per muoversi in città è il taxi. Scopriamo (e testeremo spesso nei giorni a venire) che chiunque in Uzbekistan è un potenziale tassista. A fianco dei taxi ufficiali infatti tutto il parco auto circolante è disponibile a offrire passaggi in cambio di pochi SOM, la moneta locale.
E’ sufficiente alzare il braccio lungo la strada che subito si viene circondati e raccattati da macchine di passaggio (quasi tutte Chevrolet – ex Daewoo).

Una volta a bordo è necessario:
– Armarsi di tanta pazienza; pochissimi Uzbeki parlano inglese quindi spiegare la destinazione non è proprio una passeggiata
– Contrattare il prezzo; mai con cattiveria e sempre con il sorriso sulle labbra… Si ottiene quasi sempre uno sconto del 20-30% rispetto al prezzo iniziale (per una corsa di circa 10 minuti si parla di prezzi che variano tra 1 Euro e 60 centesimi… per questo non vale la pena di incazzarsi ma trattare è obbligatorio!)
– Inventare nuove e creative forme di comunicazione; il guidatore uzbeko quasi sempre tenta di comunicare ed è bellissimo: “ITALIA?!? CELENTANO! TOTOCUTUGNO! MILAN! MAFIA! BERLUSCONI KAPUT!” “MORTI, MORTI, SONO TUTTI MORTI I THINK”

Qualche volta il coefficiente di difficoltà può anche aumentare drammaticamente come ad esempio in occasione della nostra prima corsa in taxi a Tashkent.
Jacopo: “Hello! Railway station please. CIUF CIUF”.
Autista “AAAAAH uhh”
Jacopo: “Pardon?”
Autista: “AAAAAG”
Marta: “è sordo.”
Jacopo: “ma come sordo… lo conosci?”
Marta: “…” “scrivilo sul telefono: STATION TRAIN”
Jacopo: “gegna”
Autista: cenno della mano con pollice in alto e indicazione del prezzo sullo schermo del telefono.

Grazie tecnologia. Si parte!

Arrivati alla biglietteria della stazione mi accorgo di non avere con me il passaporto… “Cazzo l’avrò lasciato in camera”. Riusciamo comunque dopo una fila di mezz’ora ad acquistare i biglietti per il treno NO TAV chiamato Sharq destinazione Samarcanda. Felicità.
Cambiamo dei dollari in SOM e ceniamo in un ottimo ristorante indiano in zona stazione. Niente taxi per il ritorno, facciamo due passi in modo da vedere un po’ di città da cui ripartiremo domani mattina. Lungo la strada decine di “bancarelle” improvvisate per la vendita di angurie e meloni, tra i prodotti più tipici dell’agricoltura uzbeka.


Pur essendo le 11 di sera incrociamo un sacco di gente fuori a passeggiare comprese tante famiglie. Di giorno le temperature possono superare anche i 45 gradi perciò gli orari vitali sono spostati in avanti verso le ore in cui le temperature ritornano ad essere più clementi.

Una volta in camera mi metto a cercare il passaporto, dapprima in maniera rilassata, poi, non trovandolo, in maniera leggermente più nervosa. Sudorazione fredda e secchezza delle fauci. Ribaltiamo la camera ma del passaporto nessuna traccia. TACHEMO BEN.
Poi un lampo di genio.
Marta “non è che è rimasto giù alla reception sulla fotocopiatrice quando ci siamo registrati”?
Jacopo “corro”.
Ragazza alla reception: “SORRY SORRY SORRY SORRY”
Jacopo “It’s OK ma mi devi 7 bypass”

Martedì 6 agosto 2019
Questa volta col tassista sembra andare tutto liscio ma mai cantare vittoria troppo presto.
Tashkent railway station!” “OK! Italiano totocutugno!” “BRAVO!
E in men che non si dica siamo in effetti alla stazione di Tashkent carichi dei nostri zaini Bruttofigliodiputtana e Nettolozaineetto.
Facciamo per entrare quando uno sbirro ci chiede dove dobbiamo andare. “Samarkand!” Rispondiamo noi in coro.
Sbirro: “Samarkand station not here. 4 kms away”.
Noi: “ma come?!?” – seguono numerose bestemmie – La temperatura supera già i 35 gradi e il nostro treno parte tra circa 20 minuti. Dobbiamo trovare un taxi al volo. Si ferma un signore completamente senza denti. Saliamo e non discutiamo neppure il prezzo.
Corri cavallo corri ti prego, fino a Samarcanda io ti guiderò
Lo sdentato guida svelto e saliamo al volo sul nostro treno già pronto al binario 2.
All’interno della carrozza di austera fattura sovietica ci accoglie una temperatura di circa 56 gradi che si stempera non appena mettono in moto e la tanto attesa aria condizionata inizia a circolare.
We can do it! Si va!

Ci accomodiamo a metà pomeriggio nel delizioso giardinetto interno della Marhabo Guesthouse, all’ombra di uno splendido caco. Dall’interno dell’abitazione dei proprietari udiamo un suono che poco a poco si fa strada nel nostro cervello. E’ il rumore di un coltello che taglia sull’asse di legno. “Ti prego fa che si materializzi un vassoio con un’anguria tagliata a fette”.
E così fu. “Welcome watermelon!”

Col giusto rinfrescato piglio ci dirigiamo verso il fulcro della città, uno dei luoghi più straordinari di tutta l’Asia Centrale, il Registan, con la sua profusione quasi esagerata di maioliche e mosaici di colore azzurro. Il Registan era il centro commerciale della Samarcanda di epoca medievale, un vero e proprio bazar delimitato dalle tre imponenti medresse. Samarcanda fu l’epicentro delle rotte delle carovane di spezie che percorrevano lente la Via della seta. Avvertiamo l’emozione di trovarci in un luogo leggendario, per quanto negli anni sia stato modificato o restaurato, sotto l’immagine da cartolina vi sono tonnellate stratificate di storia e di arte. Meraviglia vera.
Iniziamo ad esplorare le medresse che oggi ospitano una miriade di negozietti nascosti al proprio interno. Cerchiamo di spostarci sempre restando all’ombra come dei veri e propri ninja.

Al centro della piazza si sta allestendo un palco enorme che ospita per tutto il mese di agosto il festival Sharq Taronalari con numerosi gruppi di ballo e musica tradizionale in una cornice incantevole.
Ci sediamo all’ombra e osserviamo. Il caldo si fa sentire ma è secco e una brezza costante rende il clima più che piacevole.

Verso le 4pm ci cacciano perché le prove stanno entrando nel vivo e allora ci dirigiamo verso la Moschea di Bibi-Khanym che un tempo fu una delle moschee più grandi del mondo islamico. Ci abbandoniamo in una delle panchine del cortile centrale, i turisti sono pochi e regna il silenzio. Si respira serenità. Stiamo bene. Siamo in vacanza.

Ultima tappa della giornata è un’immersione tra i colori e i profumi del Bazar Siob dove tutti i giorni i banchi vengono riempiti da cataste di frutta secca, verdura, angurie di tutti i tipi ma anche abbigliamento e cianfrusaglie varie. Presenza immancabile il pane tipico uzbeko – lepyoshka – che consiste in una sorta di disco poco croccante che viene cotto a contatto della parete di un forno artigianale.

Siamo pronti per la cena e per la scelta del ristorante ci facciamo consigliare dal gentile proprietario della nostra guesthouse.
“We would like to eat some local uzbeki food”
“No problem”.
Un suo amico tassista prontamente accorso ci porta in un locale che di turisti manco l’ombra… Bene così!
Assaggiamo due tipi di zuppe a base di verdura con della panna acida ad accompagnare, un’insalata mista in cui i pomodori sanno veramente di pomodori, i peperoni sanno veramente di peperoni e la cipolla sa veramente di cipolla, un paio di spiedini di carne di montone, pane uzbeko, bottiglione d’acqua e l’immancabile black tea a chiudere. Totale spesa 50000 SOM ovvero circa 5 Euro.

All’uscita scopriamo che il nostro amico tassista ci ha aspettato per portarci a casa, passando il tempo a chiacchierare con alcuni personaggi del ristorante; noi lo ringraziamo e lui per farci ancora più felici fa partire HIT MANIA DANCE ESTATE 1993 perciò rientriamo cantando e scambiando gesti di approvazione per i pezzi vergognosi che si susseguono.

Mercoledì 7 agosto 2019

La giornata non può che iniziare bene con una coccola di colazione sotto il caco.
Black Tea, frutta secca, frutta fresca, uova, formaggio, bacon, pane, marmellata.

Siamo pronti per affrontare un altro dei pezzi forti della città ovvero Shah-i-Zinda, un vero e proprio viale di mausolei ornati con alcune delle più belle decorazioni in piastrelle del mondo musulmano, alcune risalenti addirittura al XIV secolo.
Marta può in questa occasione essere molto #fashonblò in quanto le viene gentilmente “prestata” una gonna di colore verde (colore sacro che simboleggia la religione islamica) per poter effettuare la visita.

Dallo Shah-i-Zinda partiamo in esplorazione di alcune vie secondarie di Samarcanda fino a raggiungere un altro bazar all’aperto dove troviamo del vero cibo di strada: assaggiamo le uzbek somsa, dei triangoli di pasta sfoglia ripieni di cipolla o di macinato di carne. Squisiti. A questo punto una pausa pennica al parco è quasi d’obbligo. Qualcuno russa e la vera notizia è che per una volta non sono io.

Abbiamo ancora il tempo per visitare il mausoleo di Tamerlano, nome italianizzato di Timur “lo zoppo” o ancora meglio Gur-e-Amir, il condottiero turco-mongolo che tra il 1370 e il 1405 conquistò larga parte dell’Asia centrale e occidentale, fondando l’Impero timuride.
Va detto ad onor di cronaca -soprattutto per i tanti fotografi che leggeranno queste righe- che dalle ore 18 in poi, quando il sole ormai si appresta a iniziare la fase del tramonto si crea sugli edifici di mattoni e maiolica azzurra una luce molto calda che ne aumenta ulteriormente la bellezza.

Dopocena decidiamo di rientrare a piedi, e’ l’ultima notte a Samarcanda prima della partenza per Bukhara quindi vogliamo gettare un ultimo sguardo al Registan più consapevoli che dietro a questa straordinaria bellezza c’è qualcosa di ancora più potente e leggendario. Una storia millenaria fatta di viaggi, di scambio di merci, di incontri, di persone con costumi, tradizioni, e religioni diverse, di racconti, di arricchimento culturale reciproco. Una società all’avanguardia, un polo culturale, un ombelico del mondo. Attorno a noi la città si muove, discute, balla, si diverte, consuma insieme litri e litri di coca cola, le bottiglie grandi, quelle da un litro e mezzo. Parola d’ordine CONDIVISIONE.

“Ora che ho visto Samarcanda, non potrò più sognarla”

(Tiziano Terzani)

 

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