Archivi tag: veneto

Leyendas y tradiciones

Dia 4 – venerdì 7 agosto 2015

Quella mattina partii presto, vestito di tutto punto: pedule, pantaloni di fustagno, “portavo un eskimo innocente” a coprire il maglione di lana pesantissimo, guanti in pile e berretto norvegese con treccine incorporate.

Camminai per ore nel freddo glaciale della steppa innevata senza incontrare anima viva quando ad un tratto fui distratto da un rumore metallico come di una turbina che si avvicinava sempre più. All’orizzonte un puntino nero si faceva sempre più grande e quando fu poco distante dai miei occhi vidi che si trattava di un’elica che si avvicinava a velocità pazzesca e non accennava a compiere deviazioni di sorta! Mi gettai con scatto felino a lato del sentiero per schivarla e… mi svegliai in un lenzuolo che ormai pareva un sudario con un ventilatore puntato in faccia.

Guardo l’orologio: ore 5:03 – adesso so cosa prova Nicola tutte le mattine (ma questa è un’altra storia e se vorrà ve ne farà cenno lui stesso nelle prossime puntate).

Temperatura percepita nella stanza del Tortuga Booluda: palla di fuoco 3000 gradi… Farenheit!

I miei compagni di viaggio ronfano (soprattutto Lara)… Ma come cazzo fate a dormire con sto caldo?!

Mi sento un po’ come Ace Ventura dentro al rinoceronte:

Esco dal forno e scopro di non essere il solo mattiniero. Qua e là giacciono in ordine sparso e più o meno addormentate le belle ospiti viste ieri… Caldo ma almeno qui fuori si respira.

Mi dirigo verso la cucina, mi servo una tazza di caffè che vado a sorseggiare nell’ultima amaca disponibile all’ombra del primo sole (s’era assopito un pescatore).

Leggo la guida, ascolto musica, chiedo alle tipe che programmi avessero per la giornata, dormo un po’, mi verso dell’altro caffè e verso le 8 vedo finalmente comparire all’orizzonte le sagome di Lara e Nicola. Buongiorno compagni!

E’ il momento dei pancakes, da farsi con il preparato già messo a disposizione dagli chef del Tortuga Booluda.

Almeno un paio di giri a testa.

La giornata di oggi sarà dedicata ad una visita più approfondita di Leòn (che nome cazzuto) e di alcuni luoghi segnalati sulla nostra guida come “da non perdere”.

E figurati se noi ce li perdiamo! Poco prima delle dieci, dopo aver riassettato i nostri zaini, (io sono sveglio già da 5 ore) siamo pronti ad uscire nel delicato tepore della città.

Come prima tappa andiamo a vedere il Leòn (che nome cazzuto) Mural ovvero una serie di murales che ripercorrono la storia della città dai primi insediamenti Aztechi, alla fondazione da parte dei conquistadores spagnoli, fino all’epoca attuale.

Davvero originale – primo luogo da non perdere fatto

Dalla plaza principale ammiriamo la grande Cattedrale dell’Assunzione (1700), l’immancabile memoriale della rivoluzione ma soprattutto gli alberelli meta ambita per la ricerca di refrigerio dall’inferno di calore che ci circonda.

Dopo qualche sosta-idratazione arriviamo al museo più importante di Leòn (che nome cazzuto) ovvero il museo de leyendas y tradiciones.

Come abbiamo appena appreso dai murales infatti, la città è ricca di storia e la zona è conosciuta per le leggende che si sono tramandate di generazione in generazione e questo museo altro non è che una collezione stravagante di figure di cartapesta a grandezza naturale fatte a mano dalla fondatrice, la Señora Toruña (pure lei presente in versione imbalsam… ehm cartapestata).

Ci si sposta da una stanza all’altra, ognuna dedicata ad un aspetto diverso del folklore di Leòn (che nome cazzuto): La Gigantona – la donna gigante che rappresenta un colono originale ridicolizzata da un popolare balletto, oppure “La Carreta Nagua”, che preannuncia la morte di chi la incontra.

Per capire meglio il significato di queste figure decidiamo di servirci di una guida; ci avviciniamo alla cassa per acquistare i nostri titoli d’ingresso assieme ad una coppia di americani arrivati con noi. In questo stesso istante, dall’altro lato del vetro, nell’ufficio con l’aria condizionata sparata a 100, il povero Wilber Zarate sta per iniziare a gustarsi una scodella di granita pensando che niente e nessuno potesse frantumargli i coglioni e che per nessuna ragione al mondo sarebbe uscito di nuovo sotto il sole ormai allo zenit.

E invece…

Pronto ad un nuovo tour del museo con la scodella di granita in mano, Wilber si rivela molto professionale e, a differenza nostra, una bella persona. Ci racconta per filo e per segno delle leggende cittadine, di come e perchè sono nate. Tutto molto bello insomma, ma sala dopo sala un’angoscia mi opprime sempre più insistente: continuo ad osservare la granita di Wilber, ormai più simile ad una pozza d’acqua calda… In certi momenti non riesco più neanche ad ascoltare, vorrei solo gridare Wilbeeeeeer, mangia la granita prima che si sciolga del tutto! Ti prego! Ma lui niente, prosegue imperterrito nelle minuziose spiegazioni. Eroe.

Entriamo velocemente in confidenza e quando gli diciamo che siamo italiani i suoi occhi si illuminano: lui ha da poco iniziato a studiare l’italiano e ci confessa che uno dei suoi sogni è quello di venire a visitare il nostro paese.

Alla fine del tour – durato un’ora e mezza – ci scambiamo le mail e promettiamo di tenerci in contatto. Lui tutto contento va a prendere il dizionario SPAGNOLO – ITALIANO ITALIANO – SPAGNOLO che sta utilizzando per imparare la nostra lingua.

Grazie Wilber e in bocca al lupo!

IMG_2093Dal museo de leyendas y tradiciones ci spostiamo alla “Casa della Cultura” di Leòn che è un centro per la promozione delle attività culturali, gestito dall’Associazione Cultural Leonesa ‘Orlando Mendoza Pastora’. Qui vengono organizzate lezioni di spagnolo, danza, musica, arti visive, a prezzi popolari. Visitiamo una mostra permanente di murales, dipinti e sculture di artisti locali e una piccola biblioteca di riviste letterarie. Mica male come posticino!

Ormai è l’una passata e decidiamo che è arrivato il momento di mettere qualcosa sotto i denti ma soprattutto di disturbare Fra.

Tuuuuu tuuuuuu

F: hola?

J: uè ciao Fra come xea? te disturbo?

F: ciao Giorgia, eh so in riunione dime veloce…

J: no ci chiedevamo or ora se il Lago di Managua è dolce o salato…

F: ma *** *** che ***** ghin so? ma soprattutto no podemo parlarghine dopo?!?

J: volevamo saperlo adesso… vabeh comunque xa che se sentimo stasera allora si parte per San Juan?

F: si me raccomando cercate di tornare a Managua per le 16 che max 16:30 – 17:00 si parte… devo solo passare a prendere la macchina nuova…

J: ah figata, se va con la macchina nova? paga da bevare!

F: va in mona Ciube se vedemo dopo dai che so in riunion el ******* *********

J: ok Fra saremo puntuali. Saluto!

Troviamo un ristorantino che scopriremo poi essere gestito da un italiano che vive a Leòn (che nome cazzuto) da parecchi anni. Unica nota di colore: Nicola ordina dell’aglio con un pizzico di carne sotto.

Dobbiamo un pochino sbrigarci se vogliamo arrivare in orario a Managua. Ci nutriamo, abbeveriamo, paghiamo il conto e ci rituffiamo sotto la candela per andare a recuperare i nostri zaini al Tortuga Booluda. Da li prendiamo un taxi scassatissimo fino alla stazione delle corriere. Qui funziona che il pulmino parte solamente quando è pieno, esistono orari “indicativi” di partenza. Sicuramente lo fanno per motivi ecologici… ehi ma quell’elefante sta cercando di attaccare un UFO, datemi subito una spada laser cribbio!

Raggiungiamo il numero legale per la partenza e pensiamo: beh adesso l’autista accenderà l’aria condizionata… Vero autista? Autista???

Niente da fare, ben presto il sedere diventa un tutt’uno con il sedile di pelle, le magliette incollate e le fronti madreperlate, il che non ci preclude di fare alcune conoscenze in pulmino; nell’ordine:

Nicola: socializzazione con ragazzo logorroico (Centroamerica diferente) che non gli lascia tregua per tutto il viaggio

Lara: viene invitata ad assaggiare biscottini homemade dalla sua compagna di panca (cede dopo iniziale ritrosia causa possibilità di contrarre bacilli provocanti diarrea & affini)

Jacopo: vivo sicuramente il momento più bello della vacanza quando una ragazza autoctona si alza per scendere ma a causa di una frenata con conseguente ripresa del pulmino che neanche una Ferrari, atterra con il suo bellissimo e sodo sedere sulla mia faccia. Nema problema (sorrisone incorporato)!

Alla fine, dopo aver evitato mille incidenti, raggiungiamo miracolosamente Managua. Arriviamo a casa di Fra verso le 17, preoccupati per il ritardo. A casa ad attenderci però c’è solo Veneto – il perro di Fra -.

SMS da Fra: “SONO ANCORA IN UFFICIO DEVO PASSARE A PRENDERE LA MACCHINA, TARDO UN PO’. FATE COME FOSTE A CASA MIA. CIAO STRONZI.

Ok, intanto noi ci dissetiamo, svuotiamo e riempiamo di nuovo lo zaino con le cose “per il mare” (dura la vita del viaggiatore infaticabile) e verso le 18 siamo profumati e pronti a partire. Nel frattempo arriva anche Nic anche lui reduce dalla giornata lavorativa e pronto a partire… insomma manca solo Fra che si presenta con la nuova jeep Nissan alle 19:30 spaccate.

Già qua? – seguono invocazioni tipiche della tradizione natalizia che non starò qui a riportare –

La trattativa per la compraventita della macchina è stata più lunga del previsto ma ehi, l’abbamo portata a casa!

Tra una cosa e l’altra riusciamo a partire verso le 20:30 nella seguente formazione: sedili anteriori: al volante Francesco, copilota e iPod: mi. Sedile posteriore: addetti all’ignoranza nell’ordine: Nicola B. Lara & Nicola F. Bagagliaio: addetto ai bagagli e fonte inesauribile di peti: Veneto.

450Dirigiamo “el coche” verso sud sulla mitica carretera Panamericana. C’è chi ride a causa di massicce dosi di ignoranza, c’è chi dorme (soprattutto Lara) e c’è chi continua a emettere peti velenosi (Veneto). Dopo circa un paio d’ore arriviamo a San Juan der Sur, sull’oceano Pacifico.

sjdsVerso le 23:30 facciamo capolino al nostro ostello gestito da un tizio leggermente sopra le righe (in tutti i sensi) di nome Luiz. Quando scopre che siamo italiani ci spara subito due frasi che non possiamo non appoggiare in toto (soprattutto Lara):

Luiz: “ITALLLIANNIIIIII MI PIACE SCOOOPPPAAA”REEEE” “MONICA BELUCCCCI CHE BELLA FIGAAA”

… bravo, bravo Luiz!

Leggermente affamati scendiamo giù in paese… ovviamente i ristoranti sono quasi tutti chiusi a quest’ora ma riusciamo a trovarne uno che ci cucina una vassoiata di carne che apprezziamo più per sfinimento che per l’effettiva qualità (soprattutto Lara). Molto meglio il dopocena che ci vede protagonisti in due-tre bar con giretti di tequila e rum nicaraguense.

Una giornata di totale relax che si conclude alle ore 3:30 (quasi after), ora in cui decidiamo di coricarci.

Siamo al mare. Hai portato la protezione 50?

Jacopo

 

La raccomandazione di (mamma) Fra”: ragazzi, state bevendo abbastanza? Mi raccomando eh, almeno 2 litri di acqua al giorno faxime na carità che non staxì mae.

La lamentela di Nic”: ci si sistema all’ostello di San Juan der Sur, letti a castello. Mi devo dormire sora? *** ******** vara che rassa de scaletta che ghe xe… me coparò.

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , , ,

Vedi Managua in miniatura e poi muori

Dia 2 – mercoledì 5 agosto 2015

La giornata era già programmata: sveglia con calma per ripiglio post-viaggio, giro esplorativo a Managua con la guida d’eccezione Nic Beìn e cena a casa sua per la festa dell’inquilino tedesco Felix.

Ma il jet-lag si fa presto sentire e in men che non si dica ci ritroviamo a far colazione con Fra, quasi pronto per andare a lavorare (chè ricordiamolo, i nostri amici in agosto non sono in vacanza, ma nel pieno della loro attività lavorativa.. o per lo meno così ci vogliono far credere).

Non facciamo quasi in tempo a sederci a tavola con lui che subito facciamo conoscenza della mitica Doña Rosita; colei che da anni veglia sulla casa di Fra e gli rende servizio incondizionato, prendendosi cura dei suoi pasti e della sua biancheria… tanta stima Rosita, tanta!

Rosita ci porta una scodella a testa piena di frutta fresca tagliata a pezzetti – mango, banana, ananas – da mangiarsi con lo yogurt e i cereali. E’ la “fruta con granola”, che ritroveremo spesso tra le possibili colazioni tipiche della vacanza. Arrivano anche una moka di caffè e una caraffa di succo di pompelmo appena spremuto con ghiaccio. Che spettacolo! Noi siamo quasi imbarazzati dal trattamento principesco che ci riserva, ma Fra ci rassicura e ci dice che sì, va ben così. Del resto lui ci è abituato e anche quella mattina, oltre a fargli trovare la colazione pronta, Rosita gli prepara anche il pranzo da portare in ufficio… e Sebastian (il tuttofare della ONG per cui Fra lavora e che ogni tanto incontreremo) al suo minimo cenno gli va a prendere qualcosa in macchina. Insomma, il nostro amico Francesco a quanto pare si alza la mattina e inizia a SBRAITARE (vero Fra 😉 ?) ordini a destra e a manca. E noi non perderemo più occasione per rinfacciarglielo.

Nel frattempo si alzano anche Manu, l’inquilino di Fra – anche lui un cooperante italiano – e la sua ragazza, Urda, una nicaraguense doc di cui i miei testosteronici compagni di viaggio apprezzano subito la simpatia 😉

Ah, piccolo dettaglio tecnico. Pare che Italia e Nicaragua non abbiano mai siglato accordi di roaming. Tradotto: i nostri telefoni, wifi e fotocamera a parte, hanno la stessa utilità di una birra analcolica. Ma Fra ha una SIM locale da prestarci… e quel gran telefono di Ciube, che così tanto ha denigrato per la non instagrammabilità delle foto che scatta, beh… ci salva il culo perché è l’unico a supportarne il formato! Per tutti gli amici di Fra verremo ribattezzati “Giorgia”, colei che fino a pochi mesi prima usava quel numero. Ma chi xea sta Giorgia?!?!?

Don Francesco se ne va al lavoro, e noi ci docciamo e restiamo in chill-out nel suo fantastico giardinetto. Si poia sull’amaca, si legge la guida, si gioca con Veneto… aaaaaaaaah che bellezza, siamo in ferie!

IMG_1142    IMG_20150805_102852

405

Nel sottofondo cinguettii di uccellini esotici interrotti da un rumore che non riusciamo immediatamente a decifrare ma che capiremo poi essere il tipico suono di “Doña-Rosita-che-affetta-materiale-per-soffritto”. Sì, avete capito bene… pure quello trova pronto Fra! Chili su chili di carota-cipolla-sedano tagliuzzati finemente e già pronti all’uso nel freezer. Invidia, tanta.

Nic si presenta con calma alle 11 passate, per farci da cicerone nella grande capitale. Le premesse sono incoraggianti: “a Managua non c’è un cazzo da vedere”! Ahahaahahahahahaahah …e via!

Inciso storico. Managua è stata rasa al suolo da un terremoto nel 1972. Molti dei suoi punti di interesse sono stati quindi distrutti o ampiamente danneggiati. La ricostruzione degli anni successivi è avvenuta senza una logica urbanistica e la sensazione che ne deriva è piuttosto caotica e confusa. Tanto per dire: a parte le principali arterie stradali che hanno un nome, le strade di Managua non hanno “indirizzi” così come siamo soliti concepirli noi. Se chiedi indicazioni stradali ti diranno di andare a nord/sud/ovest/est (uo o oooooh!) per un numero di isolati da calcolarsi a partire da un punto di riferimento specifico, sia esso esistente – es. una rotatoria – o esistito – es. la chiesa “X” che c’era prima del terremoto. Facile orientarsi insomma.

Il terremoto del 1972 è anche carico di significato politico. È infatti a partire dalla mala-gestione dei fondi per la ricostruzione che la rivoluzione concepita parecchi decenni prima da quel piccoletto di Sandino inizierà a prendere vita, al punto di porre fine alla dittatura dei Somoza.

Al grido di “Sandino vive” ci dirigiamo al Parque Historico Nacional Loma de Tiscapa. Le distanze a Managua sono impegnative e il taxi è un mezzo molto economico. Nic si muove con disinvoltura e ci spiega subito le regole d’oro: prendere solo i taxi che hanno la targa con la cornice rossa – significa che sono “registrati” e non abusivi – e concordare sempre il prezzo del tragitto prima di partire. Sì, stiamo prendendo consigli da Nic… Autostima ai minimi storici!

La cima del colle su cui sorge il Parco ospita una grande sagoma di Sandino che svetta su tutta la città. Il cielo è azzurro ma a tratti coperto da nuvoloni grigi… e chissà che non se ne vadano perché il caldo inizia a farsi sentire. Ed è un caldo che colpisce “da dentro”. Io che mediamente non lo soffro per niente mi rendo conto di non sudare affatto (a differenza dei miei compagni di viaggio la cui maglietta è rimasta fradicia senza tregua) ma sento un calore viscerale mai provato prima, che ti sega le gambe e ti fa percepire quasi la febbre.

IMG_1972        IMG_1975 IMG_1632

Attraversiamo il Parco ed entriamo al Museo della Rivoluzione, di fatto un portico molto ampio con tutta una serie di pannelli che ripercorrono la storia della rivoluzione e dei suoi protagonisti.

IMG_1978           IMG_0340
 

Tornando verso la città percorriamo la strada principale che ospita a sua volta lato per lato una serie di tavole con la storia del paese e della rivoluzione. A questo punto le nuvole ci hanno abbandonato ed il sole è allo zenit. E noi già violet.

Raggiungiamo in taxi la riva del Lago di Managua. La presenza dell’esercito tra le strade ha un non so che di inquietante. In realtà, anche a detta di Fra che non si può certo definire un sostenitore delle forze armate, le strade “presidiate” hanno comunque un livello di sicurezza leggermente sopra la media. Pur restando Managua una città estremamente pericolosa; a maggior ragione se sei uno straniero; a maggior ragione se sei donna.

Il lago di Managua ha un colore ben lontano dal salubre. Inquinato all’inverosimile, la balneazione è altamente sconsigliata. Il caldo è davvero atroce, nonostante il vento lo mitighi un po’. Ti piace il vento eh, Nic?! Ahahahahahaahahahah la nostra guida è quasi prossima alla crisi di nervi. Meglio mangiarci sopra va!

IMG_0344

Ci piazziamo seduti in uno dei numerosi localini in riva al Lago. Assaggiamo il ceviche, un tipico antipasto di pesce crudo marinato nel limone. E Ciube scopre che il coriandolo (di cui il ceviche è intriso) lo fa sboccare!

Per i soliti aspiranti Masterchef http://ricette.giallozafferano.it/Ceviche.html

Nic ci racconta del suo lavoro lì e di quello che ha in mente per il suo futuro post progetto. E il giro di tavolo continua per tutto il pranzo. Lavoro, volontariato, università, radio zappa, politica, “l’Italia”… Non ci facciamo mancare nulla. L’amicizia è anche questo, e a dire il vero mancava da un po’ una chiacchierata così con Nic.

Ristorati e reidratati siamo pronti a ripartire. Sta per arrivare il pezzo forte del turista a Managua.. ma che dico, del turista in Nicaragua: Managua in miniatura!

IMG_1982Trattasi di una ricostruzione degli edifici più significativi che il terremoto del ’72 ha distrutto. Accatastati uno di fila all’altro su una strada in miniatura, senza rispettarne la collocazione originaria. A pagamento.

È un’esperienza che ci lascia senza parole. Ahhahahahahha non la si può proprio vedere. Nic non ha ancora smesso di ricevere offese per averci portati lì! E nemmeno Fra, che a sua volta ce lo aveva portato quando lui è si è trasferito a Managua.

IMG_1985

L’unico valore che le possiamo concedere è quello simbolico, legato al significato – storico e politico – che per Managua ha avuto il terremoto. E Managua in miniatura celebra un po’ questo significato. …Ma farla un pochettino più carina, no?

Proseguiamo la passeggiata in quello che è stato il centro storico della città: la vecchia cattedrale, rimasta in piedi per miracolo dopo il terremoto, ma con dei segni ben visibili; Piazza della Rivoluzione, il Palacio Nacional…
IMG_0353(pausa acqua)

…la nuovissima cittadella dello sport, di fatto un quartiere pieno di piastre per basket, calcio, pallavolo, nonché giostre per bambini e chioschi. Uno spettacolo, gente dappertutto e vene che tirano per Ciube e Nicola che sfiderebbero persino questo caldo se avessero tra le mani un pallone da basket! (Se se…)

IMG_1993

Ennesima indispensabile pausa acqua, ed è ormai il tramonto. Nel giro di mezz’ora è notte fonda. Sono le 18 passate e il taxi che ci porta a casa impiega una vita. È l’ora di punta.

Veneto ci accoglie scodinzolando. Anche Fra.

Ci facciamo una doccia al volo, Nic ci aspetta e via di corsa a fare la spesa per la festa di Felix. Andiamo in un supermercato “La Colonia” bello grande. Birra, vino, rum come se piovesse.

A casa di Nic veniamo accolti calorosamente. Conosciamo inquilini ed inquiline, tra cui Francesca, milanese, nostra successiva compagna di scorribande 🙂

Le birrette segnano ufficialmente l’inizio della decompressione dopo una giornata bella intensa. Escono dalla cucina teglie di pasticcio vegetariano (per una volta non sono tacciata per “quella con le malattie”) e pizza fatta in casa.

I palati più raffinati potrebbero avere qualcosa da ridire sulla musica… Roba tipo

Ciò non toglie che siamo a Managua, in vacanza, a una festa. Birra, cibo e ottima compagnia. Che altro ci serve? Ah sì, una cicca va 😉 Nic e Fra NON hanno smesso di fumare.

406

Tornati a casa i ragazzi chiudono in bellezza con la grappa di Brunello che i genitori di Fra ci avevano affidato. Io non ce la posso fare, e collasso nel giro di pochi minuti.

El Dia 2 volge al termine, domani si va a Leòn (che nome cazzuto)!

Hasta mañana

Lara

P.S. Introduciamo da oggi due rubriche giornaliere che abbiamo visto ripetersi con contenuti diversi ma con uguale struttura per tutta la vacanza.

La raccomandazione di (mamma) Fra”: lasciate a casa i cellulari (chè altrimenti ve li rubano)

La lamentela di Nic”: in sta città no ghe xe un cazzo da vedere

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , ,