Un gruppo di sei persone profondamente diverse tra loro e fino a quel momento sconosciute si trovano ad affrontare uno dei trekking da molti definito tra i più belli e suggestivi al mondo.
L’itinerario da Landmannalaugar a Skogafoss si articola su un percorso di un centinaio di km ricchi di interesse naturalistico in particolare dal 2010, quando, con l’eruzione del vulcano del ghiacciaio Eyjafjallajökull (che ha messo in ginocchio il traffico aereo di tutta Europa) il paesaggio è diventato ancora più spettacolare.
Si percorrono distese di terreni ricchi di colore, variegati dalla presenza di laghetti termali e fuoriuscite di zolfo, si cammina fianco a fianco a maestose cascate, ci si ritrova sopra ad un ghiacciaio millenario, si prosegue su piane nere percorse da grossi fiumi tumultuosi che si incanalano in enormi spaccature del terreno. Si è costantemente a contatto con la natura più selvaggia, in totale assenza della presenza umana.
Cinque giorni di cammino in completa autonomia con la propria tenda e il cibo necessario; fatica, pioggia battente, vestiti bagnati, freddo (tanto freddo), zaino pesante, mancanza di sonno, pasti frugali, infortuni fisici. Disagi ampiamente ripagati da emozioni difficilmente descrivibili con le parole.
Attraversare questi luoghi a piedi vuol dire instaurare un rapporto d’amore e odio con una natura che è prepotente, una natura che da un lato regala paesaggi incontaminati e dall’altro ti scarica addosso 10 ore di pioggia ininterrotta.
Proprio la condivisione di questi momenti di cammino ha forgiato un’amicizia tra queste sei persone che dura ancora oggi, a quasi tre anni dal ritorno a casa.
Sólo el amor, el ignorante amor, Islandia.
Jorge Luis Borges, A Islandia
IL TREKKING in dettaglio:
1ª tappa – Landmannalaugar – Sboribver
Dalla località di partenza si seguono le indicazioni per Porsmork. Superata una serie di rilievi ricchi di pozze di acqua calda, si giunge, dopo 4 o 5 nevai, al primo rifugio incustodito, sulle pendici del monte Sooull nella zona dal nome di Sboribver.
2ª tappa – Sboribver – Altakiosk
Si prosegue sempre seguendo le solite indicazioni, attraversando zone pianeggianti interrotte da brevi salite, per poi giungere alla panoramica discesa verso la piana di Altavata, dove sorge il rifugio Altakiosk.
3ª tappa – Altakiosk – Rifugio Botnar
Dal rifugio di Altavata si segue la pista per la piana di Emstrur, la quale richiede l’attraversamento di alcuni guadi. La conformazione del territorio cambia in relazione all’avvicinamento del ghiacciaio di Myrdalsjokull. Si giunge al rif. Botnar, situato in una zona molto panoramica.
4ª tappa – Rifugio Botnar – Porsmork
Da Botnar si scende sulla piana che porta a Porsmork, potendo così osservare da vicino i grossi canyon, con le acque che defluiscono in mare. Si attraversano boschetti di betulle nane contorte prima di arrivare a Porsmork.
5ª tappa – Porsmork – Skogafoss
Attraversato il grosso fiume di fronte a Porsmork si inizia a salire una serie di rilievi e di creste che conducono ai bordi dei ghiacciai Myrdalsjokulle Eyjafjallajokull. Dopo una serie di morene e nevai si giunge al rifugio situato a 1.100 metri, da qui si scende fino alla cascata di Skogafoss, attraversando grandi pascoli.
Di seguito alcuni degli scatti di quei giorni incredibili (cliccare sulla prima foto per scorrere la galleria).
Lunghezza: 15,8 km (secondo la questura), 25,0 km (a causa delle difficoltà incontrate per trovare l’inizio del sentiero)
Difficoltà: ●●○ (secondo Tamara Kuznetsova)
La nuova tappa francigena arriva esattamente dopo 2 anni e un mese dall’ultima che, insieme a Paolo e John, avevo percorso da Ponte d’Arbia a San Quirico d’Orcia.
L’occasione e’ il raduno del gruppo con cui, quest’estate, ho condiviso un viaggio meraviglioso: l’Islanda TREK (seguirà racconto sul qui presente blog).
Un raduno che per forza di cose voleva avere lo stesso stile islandese per cui: trekking, privazioni, mancanza di sonno, sofferenza e malesseri fisici diffusi, ma sempre con il sorriso sulle labbra.
Quale occasione migliore per riprendere in mano la guida di Monica D’Atti e Franco Cinti?
E fu così che la notte di venerdì 26 settembre 2014 piantammo le nostre tende al Camping River di Sarzana. Siamo a fine stagione e gli ospiti del campeggio si contano sulle dita di una mano. Abbiamo un’intera batteria di lavelli, cessi e docce a nostra disposizione. L’imbarazzo della scelta.
Sabato 28 settembre 2014, la sveglia suona timida verso le 8:30.
Attilio Antonello, il nostro mitico capogruppo islandese è sveglio e già colazionato da un paio d’ore. La fanteria esce dalle tende in ordine sparso: prima Ciube, poi Marta Veronika Ambrogi e infine Marco Cosma, compagno insostituibile di tenda sia qui che in Islanda; questi i nomi – reali e di battaglia – di coloro che oggi, ancora una volta, calzeranno le scarpe da trekking.
Dopo i consueti rituali mattutini e le solite lamentele di coloro che affermano di non avere chiuso occhio per tutta la notte ci mettiamo in macchina, anzi in due macchine, verso Sarzana dove lasceremo una delle due auto, in modo da poter, al termine della tappa, andare a recuperare l’altra ad Aulla, da dove partiremo a piedi. L’organizzazione non è acqua, un film di Jacopo Ferrarese (prossimamente nei peggiori cinema di Caracas).
Prima di raggiungere lo start ci attardiamo in una lauta colazione; un ottimo mix di dolce e salato, cornetti e focacce, caffè e spremute.
Sono le 11.30 quando raggiungiamo Aulla. Cerchiamo un supermercato in cui comprare le vettovaglie per il pranzo ed è li che mi accorgo di aver commesso un grave errore.
La guida francigena è rimasta in tenda! Tragedia. La vendetta di Monica D’Atti dopo le maledizioni lanciatele la volta scorsa. E adesso?
Attraversiamo la città alquanto sconfortati fino a raggiungere la chiesa ma… spettacolo! Qui c’è addirittura un ufficio adibito a informazioni sulla via francigena! Ci sono addirittura alcune vetrinette con i gadget del pellegrino e opuscoli sul percorso. Fin troppo facile, penso.
Chiedo al tipo nell’ufficio di apporre il timbro sulla mia credenziale e, solo per scrupolo, gli domando da dove attacca il sentiero. Mi dice di attraversare il ponte sul torrente Aulella e di girare subito a sx.
Perfetto. Senza alcun dubbio sul percorso da seguire ci mettiamo finalmente in cammino.
Sono ormai le 12 passate.
Attraversiamo il ponte più carichi che mai. Dopo due anni di nuovo sulla Francigena. Ripenso ai miei due compagni di viaggio di allora e sorrido a coloro con cui sto condividendo il cammino oggi. E’ una bella giornata ed il morale è di nuovo alle stelle.
Ma l’intoppo è dietro l’angolo. Anzi dietro la prima svolta. Erbacce e strada chiusa. Impossibile che sia di qui. C’è un bar. Chiediamo informazioni. Tornate al ponte e girate subito a dx. Fatto, ma non c’è alcuna indicazione della Francigena. Ci arrampichiamo per circa mezz’ora su una collina, ma ben presto lo scoramento prende il posto dell’ottimismo. Sensazioni brutte. Non siamo sulla strada giusta. Raggiungiamo la sommità della collina e troviamo un tizio intento a scaricare il suo furgone. Chiediamo informazioni sulla strada per Sarzana. Ci spiega in pratica che stiamo procedendo nella direzione opposta, verso Pontremoli. Ma come verso Pontremoli?!? a nord?!? Possibile che il tizio dell’ufficio abbia inteso che la nostra direzione fosse Canterbury e non Roma?!?
Canterbury!!! mabbafff….
Allibiti ridiscendiamo la collina inutilmente conquistata, riattraversiamo il ponte e dal lato opposto intravediamo il tanto agognato cartello biancorosso con la scritta Francigena, Sarzana.
Il pensiero di mollare tutto e di cambiare programma ci tocca ma è Veronika che con la consueta tenacia propria di una donna che ha conquistato i 5000 m e che durante il weekend scala le montagne di corsa, ci da la carica per riparti… ehm per partire.
Sono ormai le 13:30
Il percorso è da subito in salita, prima su asfalto e poi su un sentiero sterrato in mezzo al bosco. Ripido ma bello. Fa molto caldo e, vista e considerata l’ora, decidiamo di fermarci per il pranzo.
Parliamo dei momenti irripetibili trascorsi in terra islandese e di come sia stato difficile, una volta terminato il viaggio, ritornare alla vita “normale” scandita da orari lavorativi, smartphone, automobili non 4×4, strade asfaltate e cementificazione delle rispettive città.
Siamo sicuri che una parte di noi è rimasta a vivere con gli elfi tra i vulcani, i ghiacciai e le distese di roccia lavica di Askja.
Ma qui stiamo e visto che è tardi, tocca scollegarsi da queste immagini indimenticabili per riprendere il cammino.
Raggiungiamo prima il meraviglioso borgo di Bibola, e poi il paese di Vecchietto proprio nel bel mezzo della raccolta dell’uva. Rischiamo di essere travolti dal frenetico via vai di carretti carichi di ceste piene di uva. I nostri sensi ne sono inebriati. Eh vabeh, siamo in Toscana, qui si beve dell’ottimo vino. Stasera ci daremo certo dentro. Per ora ci accontentiamo di una fontana d’acqua fresca che ci offre un piacevole refrigerio e ci permette di riempire le borracce.
Proseguiamo ancora per un’ora e mezza in salita per poi scendere, sempre su strada sterrata fino a Ponzano superiore dove ci fermiamo a riposare, scattare foto (instagrammarle) e gustare un fresco ghiacciolo.
Da qui il sentiero prosegue tutto in discesa fino a Sarzana, dove arriviamo verso le 18:30.
Siamo felici e soddisfatti della giornata, ma (e mi scuso per la ripetizione) l’intoppo è ANCORA dietro l’angolo. Marta infatti si accorge solo ora che le chiavi della sua auto, che avrebbe dovuto portarci da Sarzana ad Aulla a recuperare la mia auto, sono rimaste nella mia auto. L’organizzazione non è acqua 2, un film di Marta Veronika Ambrogi (prossimamente nei migliori cinema).
Superare le difficoltà è evidentemente il destino di chi si iscrive ai viaggi TREK di avventure nel mondo, gente di un certo spessore che se la sa cavare in modo egregio di fronte a qualsiasi difficoltà.
Ovunque noi andiamo, la gente vuol sapere chi noi siamo. E noi glielo diciamo. Siamo quelli dell’Islanda TREK e il nostro capitano è Antonello Corradi.
Con le ultime forze ci precipitiamo in stazione, acquistiamo 4 biglietti e nel giro di 13 minuti netti siamo già sul treno per Aulla, dove ci facciamo un altro bel chilometro a piedi e recuperiamo il secondo mezzo.
Facile. Un reduce da un viaggio Islanda SOFT o peggio ancora BREVE si sarebbe fiondato su un taxi pretendendo di avere l’aria condizionata. Brutte persone.
Verso le 20 stanchi e soddisfatti rientriamo al nostro campeggio deserto dove ci facciamo belli per la serata a Sarzana che sta per iniziare.
Ma questa è un’altra storia.