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Stage 7 – Carlisle to Bowness-on-Solway

Venerdì 14 agosto 2016

Stage 7 – Da Carlisle a Bowness-on-Solway

Distanza (secondo la questura di Bowness-on-Solway): 14,5 miglia (23 km)

Meteo: pioggia leggera… ma ormai chissenefotte

Riprendo conoscenza e ripenso alla giornata appena trascorsa… quanta acqua cazzo! E quanta strada percorsa! Oggi probabilmente (e dico probabilmente perchè chissà cosa mi aspetta) sarà l’ultimo giorno di cammino lungo il Vallo di Adriano e già mi viene un po’ di magone. Mi sembra di vivere l’ultima tappa del Giro d’Italia (ma con meno doping), la cosiddetta “passerella”, che arriva quando i giochi sono già decisi.

L’ultimo giorno lungo il Vallo di Adriano al quale da oggi potrò dare tranquillamente del “tu”: il mio amico imperatore.

In ogni caso ci sono ancora 23 km da percorrere quindi è meglio rimettersi in piedi.

Scarpe e pantaloni sono uno schifo di fango anche se ieri sera ho cercato di togliere almeno “il grosso”, ma d’altra parte mica posso arrivare a Bowness indossando nient’altro che la mia pelle (cit.)!

Si parte e lentamente mi lascio alle spalle i paesaggi urbani e il traffico caotico di Carlisle per attraversare di nuovo pascoli e relativi kissing gates. Ammetto che affronto con un po’ più di timore i bovini che spesso mi si parano davanti durante il cammino; faccio sempre attenzione che non ci siano vitelli nelle vicinanze e cerco di passare più inosservato possibile. Se solo sapessero che bistecca mi son sbafato ieri sera…

Pioviggina e il percorso è pianeggiante. Attraverso i timidi villaggi di Grinsdale, Beaumont e Burgh-by-Sands. Accuso fisicamente un (bel) po’ di stanchezza perciò procedo lentamente gustandomi ogni momento di queste ultime ore di cammino. Ho voglia di arrivare e la parola Sands = Sabbie mi fa capire che quasi ci siamo.

La spiaggia non tarda infatti ad arrivare, anzi, le ultime miglia prima di arrivare a Bowness-on-Solway, il fiordo che è anche il confine tra Scozia e Inghilterra, tra Romani e Barbari, la fine del Vallo, del trail, dell’impero di Adriano e (modestamente) delle mie fatiche, le percorro su strada asfaltata con alla mia destra una porzione di prato verde ed un po’ più in là la sabbia sull’estuario del Bowness che sfocia sul mare.

A questo punto appoggio lo zaino a terra e mi siedo a leggere la guida: prima qualche nota storica sul fatto che qui ci fosse il porto più distante da Roma, l’estremo avamposto a nord dell’impero, e poi una frase che mi colpisce: “…non aspettatevi le fanfare a celebrare il vostro arrivo a Bowness-on-Solway, trattasi di un quieto villaggio con non più di un centinaio di case…”.

Eh vabbeh. Della banda non me ne frega un cazzo, basta che ci sia un pub per festeggiare!

Confermo che non c’è alcuna fanfara ad accogliermi ma finalmente ecco il cartello che indica la tanto agognata banks promenade. Il cuore a mille come a Stalingrado.

Almost there!

E infine eccolo. Il “baracchino” tanto immaginato e a volte anche maledetto che indica la fine del trail.

Ci sono arrivato con l’indicatore delle energie che segna RISERVA ma con quello delle emozioni che segna PIENO e adesso la stanchezza fisica passa in secondo piano.

We can do it!

E allora prima di apporre l’ultimo timbro sul path passport mi siedo ad assaporare questo momento, questo traguardo raggiunto dopo 7 giorni di cammino.

Rimango un’ora a guardare il mare d’Irlanda: davanti a me c’è l’Isola di Man e Belfast.

La casetta “baracchino” che ho appena attraversato è una sorta di pietra miliare in cui si può dire: sono arrivato fino a qui e non c’è altra terra su cui camminare. Davanti a me c’è solo il mare. L’iscrizione reca “The end of Hadrian’s wall path” ma anche “Good luck go with you” per chi affronta il percorso nel senso opposto. Ma allora sono arrivato alla fine o all’inizio del trail?!?

Lungo la staccionata hanno inciso quattro versi di una poesia: “Canto la mia canzone delle maree di Solway. Come un uccello che cavalca il cielo il mio cuore spicca il volo“. Devo dire che descrive appieno il mio stato d’animo attuale e capisco che è tempo di andare al pub.

Ordino una pinta e sorpresa! All’interno ritrovo lo scozzese e i due ragazzi spagnoli con cui ho condiviso parte del cammino Sergio e Javier. E allora facciamola girare sta rua de bire! Bisogna festeggiare!

Bevo e mi tornano in mente le parole scritte da Paolo Ciampi lette prima di partire e che solo ora comprendo del tutto e faccio mie:

Eccola la mia birra , me la gusterò qui, su questo tavolino all’aperto, con un cane che si struscia alle mie gambe sperando in qualche boccone. Il primo sorso è quasi un rito. Libagione di altri secoli, gesto solenne, quasi sacerdotale. Con un pensiero grato al mio Adriano. Bevo e saluto l’uomo che aveva stabilito il confine al confine dell’impero. Che aveva tracciato una linea per terra e diviso i romani dai barbari, sapendo che tutto era comunque inutile, … sapendo che un giorno i romani sarebbero diventati barbari o i barbari romani…

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Stage 6 – Gilsand to Carlisle

Giovedì 13 agosto 2016

Stage 6 – Da Gilsand a Carlisle

Distanza (secondo la questura di Carlisle): 18 miglia (28 km)

Meteo: showers

Mi sveglio verso le 7 con il tipico rumore di pioggia torrenziale in sottofondo; durante la notte le brandine attorno si sono riempite. Ronfano tutti e cerco di sistemare la mia roba senza disturbare.

Raggiungo la saletta al piano di sotto dove la gentile signora mi fa trovare un succulento e fumante English breakfast. Inizia così il tanto temuto giovedì, quello in cui – a detta di tutte le signore incontrate durante il cammino – si sarebbero aperte le cataratte del cielo per scaricarmi adosso ettolitri d’acqua tipo Longarone sotto alla diga del Vajont in quella notte maledetta del 1963.

Alla spicciolata si fanno vivi i miei compagni di dormitorio: sono medici francesi arrivati da ste parti per un congresso… Faccio qualche domanda per approfondire ma, da buoni francesi, non riescono ad esprimersi troppo bene in inglese perciò mi accontento ben presto delle poche informazioni racimolate.

It’s time to go! Giusto il tempo di impermeabilizzare me stesso e Bruttofigliodiputtana1. Piove veramente un fottìo.

L’obbiettivo di oggi, visto il meteo, è di fare una tappa relativamente breve fino a Newtown da dove poi ripartire l’indomani in direzione Carlisle.

La guida segnala: durante la tappa di oggi si attraverseranno numerose fattorie con pascoli di vitelli; fate molta attenzione perchè le mucche sono molto protettive nei confronti dei piccoli perciò in presenza di tali condizioni dovete girare alla larga!

Mucca premurosa ‘nun te temo!

Dal forte di Birdoswald proseguo inizialmente su una strada asfaltata per poi superare il primo di una lunga serie di kissing gate che mi portano ad attraversare una lunga serie di verdi pascoli. L’erba è intrisa d’acqua e ringrazio San Northface per le mie scarpe impermeabili. Sciaf sciaf sciaf sciaf, un passo dopo l’altro.

 

Supero Bankshead, Banks, Walton e infine arrivo a Newtown dove trovo un altro disperato che cammina lungo il Vallo. E’ uno scozzese che finora ha sempre dormito en plen-air montando la tenda, non si fa una doccia da 5 giorni, ma questo l’avevo già intuito.

Inizio a chiedere qua e là tra fattorie e qualche B&B di un posto dove potermi fermare. Nulla. Per fortuna, all’apice dello scoramento, intravedo un piccolo bistrò dove mi infilo chiedendo scusa per la pozzanghera che si forma sotto ai miei vestiti che “stendo” su un paio di sedie.

Non è male stare all’asciutto. Davvero.

Una mega fetta di torta al cioccolato, il miglior ricostituente per corpo e anima, e una tazza di The mi riportano alla vita.

Non ho altra scelta che proseguire con la speranza di trovare qualcosa tra qui e Carlisle.

Dopo un paio di attraversamenti di pascoli arrivo ad un gate ma dall’altra parte c’è una vera e propria palude di fango misto a letame larga almeno 10 mq… Nessuna possibilità di aggirarla in quanto la staccionata è fatta di filo spinato.

Ma cosa ci tengono qui dentro King Kong?” cit.

Non rimane altro da fare che sguazzarci dentro. Con tutta la delicatezza che mi compete appoggio a terra il primo piede che immediatamente scompare nella melma fino a sopra la caviglia, cerco di appoggiare l’altro in una zona che pare più compatta e quindi solida ma nel momento il cui cerco di fare il passo con la gamba immersa sento che la melma si è talmente incollata al mio piede che la scarpa si sta per togliere!

In qualche modo, non so come, riesco a grandi balzi a superare la palude Stigia.

Una volta al sicuro faccio la conta dei danni per fortuna quasi esclusivamente “estetici”.

Ho la cacca e il fango quasi fino al ginocchio ma i pantaloni waterproof della quechua da Euro 1,90 hanno retto, sono solo lerci.

Arrivato circa a metà del campo vedo un grosso assembramento di bovini proprio davanti al successivo gate da attraversare; memore dell’avviso sulla guida cerco ci avvicinarmi con la massima discrezione in modo da non turbare il quieto vivere dei suddetti.

Cammino piano passando molto vicino alle mucche ma un vitello è accovacciato proprio davanti al primo scalino del gate. Cazzo faccio?

Sono circondato dalle mucche che mi fissano e devo far spostare questo vitello.

Alzo un braccio, lui si spaventa, si alza e va a mescolarsi nel branco, io mi fiondo sulle scalette, attraverso il gate e salvezza fu. O forse no?

Inizio a camminare sul campo successivo, il sentiero corre parallelo al recinto inferiore.

Sulla mia sx il terreno sale quasi a formare una collinetta sulla cima della quale si stagliano due mucche che osservano attente il mio passaggio. Perchè è così, in questi giorni ho imparato che le pecore scappano e le mucche ti fissano.

Memore della precedente esperienza le tengo sotto controllo con la coda dell’occhio, ormai ho superato la metà del campo e vedo il gate a circa un centinaio di metri.

Le due mucche iniziano a muggire e muovere la testa su e giù. Io accellero. Sento che la situazione precipita. Mi giro e vedo le due mucche caricare cacciate giù per la collina. Inizio a correre, se si può dire così tra fango, pioggia, e uno zaino da 25 kg sulle spalle. Sento il loro fiato fetente sul collo ma arrivo al fottuto gate incolume. Lo attraverso e una volta al sicuro, dopo aver ripreso fiato mi giro verso le mie inseguitrici. Sono li a fissarmi a un metro dal gate. Grido loro un VAFFANCULO con tutto il fiato che mi è rimasto, abbastanza potente da farle indietreggiare di un passo.

VI MANGERO’ TUTTE! E’ la mia promessa.

Si, questi sono i momenti in cui mi chiedo: ma perchè non son andato in vacanza al mare? E poi mi rispondo: beh alla fine sto camminando da un mare all’altro, due mari! Seguono momenti di elettroencefalogramma piatto con tanto di occhi a pallina tipo Homer Simpson e poi mi rimetto a “macinare chilometri e a superare gli ostacoli”.

Indovinate un po’? Continua a piovere. Consultando la mappa però mi rendo conto di essere ormai a pochi km da Carlisle.

Sono distrutto proprio; entro in una guesthouse piuttosto distinta disposto a pagare qualsiasi cifra pur di fermarmi ma nulla, tutto full booked. A quel punto il gestore probabilmente impietosito dalla mia condizione psico-fisica mi dice che di li a poco sarebbe andato in città con il furgone e che mi avrebbe dato volentieri un passaggio. Non chiedo di meglio, anzi si: “Scusi, mi fa una pinta please?”

Sgocciolo e mi scolo la pinta.

Mi scaricano alle porte della città che devo dire mi fa una certa impressione dopo sei giorni di campi e mucche. Scendo, mi volto e dove sono? Proprio di fronte alla sede della BBC Radio sezione Cumbria.

“Bon desso entro e lascio il curriculum!”

Dopo mezz’ora di girovagare trovo un ostello indicato sulla guida, che gioia! E che gioia anche camminare sulla tipica moquette inglese con le scarpe piene di fango, sterco di vacca premurosa verso i propri piccoli e umidità.

Mi spoglio, stendo le vesti sulle cose e stendo me stesso a letto, ipod in modalità Cure for Pain, serve un bel po’ di Morphine. Doveva essere una tappa breve e invece è stata la più lunga e per giunta la più bagnata. 2 tappe al prezzo di 1.

Verso le 20 mi ridesto e progetto la strage. Con il WIFI cerco il peggior ristorante di mucca alla brace.

Promessa mantenuta.

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