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Da Siena a Ponte d’Arbia

Giovedì 16 agosto 2012

Tappa V – Da Siena a Ponte d’Arbia

Lunghezza: 26,5 km (secondo la questura), 29,0 km (secondo il nostro podometro)

Difficoltà: ●●● (secondo Denis Urubko)

Questa mattina la sveglia suona alle 5:30. Ci aspetta una tappa lunghissima fino a Ponte d’Arbia e la guida segna 3 pallini di difficoltà su 3. A questo si aggiunge il fatto che le nostre condizioni fisiche sono sempre più precarie. Piedi e spalle sono ormai una cartina geografica fatta di oceani di pomate con isole di cerotti e garze.

Per fortuna che suor Ginetta ci fa trovare una colazione coi fiocchi: brioches fresche, pane, marmellata, the, caffè e soprattutto dell’ottima acqua ghiacciata per il lungo cammino.

Poco dopo le 6:00 lasciamo la città del Palio addormentata attraversando Porta Romana. Oltre che la più lunga, questa dovrebbe essere una delle tappe più belle della Francigena; eviteremo infatti quasi del tutto la Cassia e il suo traffico per percorrere tratturi e sentieri sterrati tra le gialle colline arse dal sole.

Porta RomanaUn gatto ci guarda perplessoLandscapeLandscapeHorsesPercorriamo inizialmente una strada asfaltata che attraversa con dei saliscendi San Pietro a Paterno, Renaccio e Renaccino, da qui su sterrata arriviamo a Borgo Vecchio dove ci troviamo di fronte alla prima difficoltà: la strada storica che abbiamo percorso finora è tagliata a pochi metri da noi da una nuova in costruzione. Secondo la guida dovremmo scendere verso una ferrovia e camminare parallelamente ai binari fino a Isola d’Arbia, unico grosso centro abitato che incontreremo durante la tappa di oggi in cui potersi rifornire d’acqua e cibo, ma della ferrovia neanche l’ombra. I segnali piuttosto ci fanno risalire il dosso di una collina dalla quale, una volta arrivati in cima, vediamo in lontananza proprio Isola d’Arbia! Ci siamo fottuti l’unico luogo in cui poter fare un pit stop! Oltretutto Paolo comunica al gruppo di aver praticamente già finito l’acqua. Bene!

Ed e’ in questo momento che avviene il primo “scisma” nel gruppo (avvenimento che verrà tra qualche anno denominato Scisma dell’aquam haurire optabat). Paolo infatti decide di ridiscendere la collina in modo da arrivare a Isola d’Arbia a recuperare dell’acqua e se possibile del cibo, mentre io e John decidiamo di percorrere tutto il crinale della collina per poi ricongiungerci con il fuoriuscito più in basso dopo Isola d’Arbia.

Uno sguardo ai cellulari: “il mio non prende ‘na sèha” “il mio è scarico” “io ho una tacca”. Sempre più difficile. Ci facciamo un grande in bocca al lupo con la speranza di rivederci un giorno e via, si riparte sotto un sole che ci cucina la pelle.

Camminiamo per circa un’altra ora prima di arrivare ad una stradina interna che corre parallela alla Cassia; qui in teoria dovremmo ritrovare Paolo che riusciamo a contattare al telefono e che arriva nel giro di una mezz’oretta con tanto di vettovaglie per il pranzo! Che numero!

Questo momento verrà definito tra qualche anno dagli studiosi di storia contemporanea con il nome “reunification prandium cum amicis”.

Dopo una meritata pausa riprendiamo il cammino rinfrancati nel corpo e nello spirito. Ci tuffiamo letteralmente in campi di grano riarsi dal sole. Il colore predominante è il giallo… sembra di essere nel bel mezzo del Sahara, con le colline che assomigliano a dune di sabbia.
Ombra ovviamente inesistente. Il caldo è asfissiante.

Sahara Sahara SaharaSaharaSahara road

Prendiamo una sterrata che con continui saliscendi ci porta sul crinale a Ponte Tressa prima e alla Grancia di Cuna (immenso granaio medioevale) poi, dove troviamo una fontanella sotto la quale proviamo a rinfrescarci.

Questo tratto è a dir poco lunare. Caminiamo tra colline di campi già arati con la terra di colore grigio. Ci manca solo l’astronauta e la bandiera che resta immobile per la mancanza d’aria.

Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon Walking on the moon  Grancia di CunaLasciamo a malincuore la fontanella e ripartiamo in direzione Monteroni d’Arbia, e Quinciano; scavalliamo diverse colline e spesso attraversiamo i campi assolati per risparmiare qualche metro di cammino.

Intorno a noi si stagliano montagne di covoni accatastati in forme geometriche perfette; sono talmente alte che possiamo godere dell’ombra che creano per dissetarci e riposare.

On the road Ragazzi immaginari John taglia Paolo Vs. covoni Paolo Sete Ciube La sofferenza di dio Ombra soleTrattoreCovoni ovunque

Dopo alcuni km arriviamo nel piccolo borgo di Greppo dove ci fermiamo a riposare per una buona mezz’ora. A breve ci raggiungono: Giuliana, rimasta totalmente senz’acqua che provvediamo a dissetare passandole una bottiglietta e Fabrizio con Maria. Ognuno tira fuori tutto ciò che può far recuperare un po’ di forze: acqua, frutta, cioccolato, caramelle, sali minerali, noi pensiamo più al morale: avendo poco niente da offrire, proviamo a diffondere un po’ di drammatica, fantozziana ilarità.Papaveri e Papi Papaveri e Papi Ferrovia Non se riva più

Da qui ripartiamo tutti insieme per l’ultimo tratto fino a Ponte d’Arbia.

Scesi dalle colline raggiungiamo la ferrovia e la seguiamo camminando parallelamente alle rotaie. Questo tratto sembra interminabile ma dobbiamo sbrigarci, c’è un appuntamento che non possiamo mancare: il Palio.

Dopo il passaggio a sinistra dei binari, lo sterrato si allontana dalla linea ferroviaria e passando vicino a numerosi orti entra nel paese di Ponte d’Arbia. Sono le 16 e siamo finalmente arrivati al Centro Cresti dove trascorreremo la notte dopo 29 interminabili, strazianti km.

Il Centro Cresti è una struttura totalmente autogestita dai pellegrini, non troviamo nessuno ad aspettarci. Ci sono i letti, ci sono le docce, ci sono i cessi, c’è la cucina. Insomma c’è tutto ciò che serve. Addirittura il timbro per la credenziale è self service. Sotto lo zerbino della porta ci sono le chiavi per entrare.

Ci sistemiamo alla carlona, una doccia rigenerante, ma… qualcuno si è addormentato seduto su una sedia con la testa appoggiata su un tavolino. Siamo dilaniati.

Con le ultime forze, ma con un certo grado di eccitazione, raggiungiamo l’unico bar del paese, ordiniamo qualche birra media e attendiamo il momento della mossa.

Forza Montone… e dopo 22 anni, incredibilmente, il montone vince.

Dovevamo arrivare noi per sfatare la maledizione della bestemmia!

E’ tripudio!

Non riusciamo neanche ad immaginare cosa stia succedendo nella contrada dove abbiamo trascorso la notte scorsa. Una festa incredibile che durerà giorni e giorni.

Ci vuole un’ennesima birra media e una cena come si deve per festeggiare, ma questa sera niente ristorante; nello zaino abbiamo pasta e un sugo al pesto. In men che non si dica allestiamo una tavolata, ci mettiamo ai fornelli e creiamo l’atmosfera.

Ciube master chef Fabrizio Master chefFabrizio e MariaScola!Turn on the lightsSe magnaAtmosteraGruppone

Ne esce una serata che scorre via tra chiacchiere e un amabile vinello. Lo spirito della Francigena lo ritroviamo tutti i giorni sulla strada ma anche, e forse soprattutto, in momenti di profonda amicizia e condivisione come questo. Fabrizio, Maria e Giuliana sono delle belle persone e siamo contenti di vivere questi momenti con loro.

Dopo aver vettovagliato riassestiamo la cucina e ci trasciniamo verso i nostri giacigli; sono gli ultimi passi di questa giornata sulla Francigena, la nostra tappa più lunga.

Tra poche ore inizierà la nostra ultima tappa.

Il Montone ha vinto il Palio dopo 22 anni (pazzesco).

Il pesto pronto non è poi così male.

Notte.

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Da San Miniato Alto a Gambassi Terme

Domenica 12 agosto 2012

Tappa I – Da San Miniato Alto a Gambassi Terme

Lunghezza: 23,6 km (secondo la questura), 24,1 km (secondo il nostro podometro)

Difficoltà: ●●○ (secondo Reinhold Messner)

Dopo una lotta senza quartiere contro stormi di zanzare, alle ore 7:00, finalmente, suona la nostra sveglia. Sui muri e le lenzuola le tracce della battaglia. Ci vestiamo rapidamente e scendiamo nel refettorio per la colazione. Il frate ci fa trovare la tavola imbandita di pane, burro e marmellata, frutta, latte, the e caffè! Spettacolo! Facciamo il pieno di zuccheri e carboidrati e ci guardiamo attorno… nel grande salone nessuna traccia di essere umano. Probabilmente la sveglia dei frati è già suonata diverse ore fa e nel nostro immaginario stereotipato li vediamo impegnati a zappare la terra, produrre la birra e ovviamente a pregare secondo la celebre regola benedettina ora et labora.

Con lo stomaco pieno risaliamo in camera, ci carichiamo lo zaino in spalla e ci avviamo verso l’uscita del monastero. Qui incrociamo Il frate che avevamo conosciuto il giorno prima, lo ringraziamo per l’ottima ospitalità e ci facciamo mettere il primo timbro sulla credenziale ancora intonsa. San Miniato Alto è stata conquistata!

Adesso però è giunto il momento di “petotàre” (Trad. italiana: camminare velocemente) e quindi alle ore 8:30 possiamo dichiarare ufficialmente iniziato il nostro cammino sulla via Francigena.

Una foto a fianco ad alcune epigrafi non ce la toglie nessuno: li vogliamo ricordare così.

Riattraversiamo il paese fino a piazza Napoleone Bonaparte e poi imbocchiamo la strada verso Calenzano.

Questo primo tratto di strada asfaltata è un saliscendi molto piacevole tra le colline della Valdarno. Verso le dieci la temperatura sfiora già in 30 gradi e i nostri indumenti hanno già cambiando colore, assumendo quello trasparente dell’acqua.

La prima cosa che notiamo è che le indicazioni della Francigena non sono poi così chiare, o meglio ce ne sono diverse e molte volte discordanti tra loro. Ecco alcuni esempi:

indicazione nr.1: classico cartello stradale marrone stile automobile – quasi sempre l’abbiamo ignorato… utile più a chi percorre la Francigena in bicicletta;

indicazione nr.2: striscia adesiva rossa e bianca: posizionata qualche anno fa dal ministero del Turismo – tendono a prediligere la strada asfaltata piuttosto che gli sterrati…

indicazione nr.3: striscia adesiva gialla e bianca con pellegrino stilizzato giallo – questa dovrebbe essere l’indicazione da seguire, o meglio questi segnali sono stati piazzati dalle varie confraternite di cammino (tra cui l’autrice della nostra guida alla via Francigena, l’ormai famosa Monica D’Atti). Il problema è che molto spesso questa indicazione può allungare il percorso anche di diversi km, magari solo per raggiungere un luogo di interesse storico / religioso. Bello per carità, ma a breve ci renderemo conto che anche solo un paio di km in più si sentono a fine giornata!

La seconda cosa che notiamo è che camminare è un conto, farlo con uno zaino di 15 kg sulle spalle e con 31 gradi all’ombra è un altro!

Verso le 10:30 abbandoniamo l’asfalto imboccando uno sterrato che si fa largo tra i covoni adagiati sui campi.

Proseguiamo sotto il solleone e verso le 12 arriviamo alla Pieve di Coiano, tra i segnali ne scorgiamo uno che ci fa esultare: “ACQUA POTABILE – 50m a dx”. Dietro la Pieve si apre infatti una specie di giardino con un paio di tavoli da pic-nic e soprattutto una fontanella dove poter rinfrescarci e riempire borracce e bottiglie. Un ottimo posto dove consumare il rancio! Non c’è un cane. Durante il tragitto non abbiamo incontrato nessuno. Sarà anche per questo che colonizziamo tutto lo spazio disponibile: indumenti stesi ad asciugare e zaini sparsi ovunque. Relax. Rispunta anche l’ukulele e nel frattempo iniziamo ad esaminare i segni viola che sono comparsi sulle nostre spalle e sui nostri piedi. Ce la prendiamo davvero comoda.

Rinfrescati e carichi di energie ripartiamo verso le 14… nel giro di mezz’ora le maglie che si erano appena asciugate sono di nuovo zuppe di sudore. Stiamo attraversando un tratto totalmente esposto al sole nel grano appena tagliato, bisce, grilli e cavallette ci tagliano continuamente la strada. Come al solito siamo solo noi, le bestie e il vento.

Oltre alla nostra, riusciamo a percepire la sofferenza di questo terreno bruciato dal sole e dal caldo che non accoglie una goccia d’acqua da mesi. E’ tutto giallo.

Assumiamo acqua a litri ma abbiamo la sensazione che evapori prima di arrivare alla gola.

Proseguiamo per un paio d’ore in questi arsi campi di sole fino all’incrocio con una strada asfaltata e poi di nuovo ci ributtiamo nello sterrato dopo aver attraversato una proprietà privata… stando attenti che qualche cane non saltasse fuori a mangiarci.

Disintegrati e doloranti arriviamo alla carrozzabile Castelfiorentino/Gambassi all’altezza di Palazzaccio. Da qui in poi camminiamo sul ciglio della strada, ormai per inerzia, un passo dopo l’altro ci avviciniamo alla meta della giornata: l’ostello Sigerico che ci ospiterà per la notte. Il podometro segna 20 km. Chiediamo ad una signora quanto manca per Gambassi… ci risponde “un paio di km”… rinfrancati dalla risposta diamo adito ad energie pescate chissà dove e ci diamo dentro per coprire la distanza che manca. La mazzata è però dietro l’angolo; ci arriva violentemente in faccia un cartello con scritto “Ostello Sigerico – 5 km”.

Barcolliamo.

Ancora salita. L’asfalto ci butta addosso il calore accumulato dal mattino. Grondiamo sudore. Dobbiamo procedere, un passo dopo l’altro. Svuotiamo le ultime scorte d’acqua e finalmente ci siamo: un’ampia curva sulla destra ed eccoci all’ostello sigerico, ricavato negli storici edifici adiacenti alla bellissima chiesa della Pieve di S. Maria Assunta a Chianni.

Mentre John e Paolo si dirigono diretti ai nostri alloggi mi distendo sugli scalini della pieve e li rimango esanime per circa mezz’ora.

Non male come prima tappa.

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Una volta ritrovati nella nostra stanza ci sediamo sulle brande o per terra sfiniti; si sentono frasi tipo: “Ho le anche logorate come i vecchi labrador”

“Io non so se me la sento di fare un altro giorno così…”

“Io ho già deciso… mi sento martirizzato”

“Non ho speranze… non so neanche se domani riuscirò a camminare”

“Domani mi compro una di quelle sedie…”

“E’ come camminare tutto il giorno con una persona in braccio”

“Ho dolori ovunque”

“Non so se questa vescica entrerà nella scarpa domani…”

Dopo una gran doccia ci lecchiamo un pò le ferite, spuntano cerotti, creme e analgesici.

Sono quasi le 19, serve una bella cena per reagire… siamo solo al primo giorno!!!

Buonappetito

Ci trasciniamo nella sala refettorio e conosciamo i gestori dell’ostello, una coppia del posto molto gentile. Conosciamo anche un tizio napoletano sulla Francigena da un paio di giorni… è arrivato circa un tre ore prima di noi, partendo alle 6 di mattina, evitando così le ore più calde della giornata. Un vero stratega.

Altre due tipe di Pavia arrivano agonizzanti quando ormai siamo a tavola davanti ad un succulento piatto di penne all’arrabbiata. Loro stanno percorrendo la Francigena in bici e oggi han percorso circa 50 km perlopiù in salita.

La serata trascorre piacevole tra chiacchiere e del buon vino toscano. Pur tra mille acciacchi ci sta tornando il sorriso. Domani si va a San Gimignano.

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