Dia 2 – mercoledì 5 agosto 2015
La giornata era già programmata: sveglia con calma per ripiglio post-viaggio, giro esplorativo a Managua con la guida d’eccezione Nic Beìn e cena a casa sua per la festa dell’inquilino tedesco Felix.
Ma il jet-lag si fa presto sentire e in men che non si dica ci ritroviamo a far colazione con Fra, quasi pronto per andare a lavorare (chè ricordiamolo, i nostri amici in agosto non sono in vacanza, ma nel pieno della loro attività lavorativa.. o per lo meno così ci vogliono far credere).
Non facciamo quasi in tempo a sederci a tavola con lui che subito facciamo conoscenza della mitica Doña Rosita; colei che da anni veglia sulla casa di Fra e gli rende servizio incondizionato, prendendosi cura dei suoi pasti e della sua biancheria… tanta stima Rosita, tanta!
Rosita ci porta una scodella a testa piena di frutta fresca tagliata a pezzetti – mango, banana, ananas – da mangiarsi con lo yogurt e i cereali. E’ la “fruta con granola”, che ritroveremo spesso tra le possibili colazioni tipiche della vacanza. Arrivano anche una moka di caffè e una caraffa di succo di pompelmo appena spremuto con ghiaccio. Che spettacolo! Noi siamo quasi imbarazzati dal trattamento principesco che ci riserva, ma Fra ci rassicura e ci dice che sì, va ben così. Del resto lui ci è abituato e anche quella mattina, oltre a fargli trovare la colazione pronta, Rosita gli prepara anche il pranzo da portare in ufficio… e Sebastian (il tuttofare della ONG per cui Fra lavora e che ogni tanto incontreremo) al suo minimo cenno gli va a prendere qualcosa in macchina. Insomma, il nostro amico Francesco a quanto pare si alza la mattina e inizia a SBRAITARE (vero Fra 😉 ?) ordini a destra e a manca. E noi non perderemo più occasione per rinfacciarglielo.
Nel frattempo si alzano anche Manu, l’inquilino di Fra – anche lui un cooperante italiano – e la sua ragazza, Urda, una nicaraguense doc di cui i miei testosteronici compagni di viaggio apprezzano subito la simpatia 😉
Ah, piccolo dettaglio tecnico. Pare che Italia e Nicaragua non abbiano mai siglato accordi di roaming. Tradotto: i nostri telefoni, wifi e fotocamera a parte, hanno la stessa utilità di una birra analcolica. Ma Fra ha una SIM locale da prestarci… e quel gran telefono di Ciube, che così tanto ha denigrato per la non instagrammabilità delle foto che scatta, beh… ci salva il culo perché è l’unico a supportarne il formato! Per tutti gli amici di Fra verremo ribattezzati “Giorgia”, colei che fino a pochi mesi prima usava quel numero. Ma chi xea sta Giorgia?!?!?
Don Francesco se ne va al lavoro, e noi ci docciamo e restiamo in chill-out nel suo fantastico giardinetto. Si poia sull’amaca, si legge la guida, si gioca con Veneto… aaaaaaaaah che bellezza, siamo in ferie!
Nel sottofondo cinguettii di uccellini esotici interrotti da un rumore che non riusciamo immediatamente a decifrare ma che capiremo poi essere il tipico suono di “Doña-Rosita-che-affetta-materiale-per-soffritto”. Sì, avete capito bene… pure quello trova pronto Fra! Chili su chili di carota-cipolla-sedano tagliuzzati finemente e già pronti all’uso nel freezer. Invidia, tanta.
Nic si presenta con calma alle 11 passate, per farci da cicerone nella grande capitale. Le premesse sono incoraggianti: “a Managua non c’è un cazzo da vedere”! Ahahaahahahahahaahah …e via!
Inciso storico. Managua è stata rasa al suolo da un terremoto nel 1972. Molti dei suoi punti di interesse sono stati quindi distrutti o ampiamente danneggiati. La ricostruzione degli anni successivi è avvenuta senza una logica urbanistica e la sensazione che ne deriva è piuttosto caotica e confusa. Tanto per dire: a parte le principali arterie stradali che hanno un nome, le strade di Managua non hanno “indirizzi” così come siamo soliti concepirli noi. Se chiedi indicazioni stradali ti diranno di andare a nord/sud/ovest/est (uo o oooooh!) per un numero di isolati da calcolarsi a partire da un punto di riferimento specifico, sia esso esistente – es. una rotatoria – o esistito – es. la chiesa “X” che c’era prima del terremoto. Facile orientarsi insomma.
Il terremoto del 1972 è anche carico di significato politico. È infatti a partire dalla mala-gestione dei fondi per la ricostruzione che la rivoluzione concepita parecchi decenni prima da quel piccoletto di Sandino inizierà a prendere vita, al punto di porre fine alla dittatura dei Somoza.
Al grido di “Sandino vive” ci dirigiamo al Parque Historico Nacional Loma de Tiscapa. Le distanze a Managua sono impegnative e il taxi è un mezzo molto economico. Nic si muove con disinvoltura e ci spiega subito le regole d’oro: prendere solo i taxi che hanno la targa con la cornice rossa – significa che sono “registrati” e non abusivi – e concordare sempre il prezzo del tragitto prima di partire. Sì, stiamo prendendo consigli da Nic… Autostima ai minimi storici!
La cima del colle su cui sorge il Parco ospita una grande sagoma di Sandino che svetta su tutta la città. Il cielo è azzurro ma a tratti coperto da nuvoloni grigi… e chissà che non se ne vadano perché il caldo inizia a farsi sentire. Ed è un caldo che colpisce “da dentro”. Io che mediamente non lo soffro per niente mi rendo conto di non sudare affatto (a differenza dei miei compagni di viaggio la cui maglietta è rimasta fradicia senza tregua) ma sento un calore viscerale mai provato prima, che ti sega le gambe e ti fa percepire quasi la febbre.
Attraversiamo il Parco ed entriamo al Museo della Rivoluzione, di fatto un portico molto ampio con tutta una serie di pannelli che ripercorrono la storia della rivoluzione e dei suoi protagonisti.
Tornando verso la città percorriamo la strada principale che ospita a sua volta lato per lato una serie di tavole con la storia del paese e della rivoluzione. A questo punto le nuvole ci hanno abbandonato ed il sole è allo zenit. E noi già violet.
Raggiungiamo in taxi la riva del Lago di Managua. La presenza dell’esercito tra le strade ha un non so che di inquietante. In realtà, anche a detta di Fra che non si può certo definire un sostenitore delle forze armate, le strade “presidiate” hanno comunque un livello di sicurezza leggermente sopra la media. Pur restando Managua una città estremamente pericolosa; a maggior ragione se sei uno straniero; a maggior ragione se sei donna.
Il lago di Managua ha un colore ben lontano dal salubre. Inquinato all’inverosimile, la balneazione è altamente sconsigliata. Il caldo è davvero atroce, nonostante il vento lo mitighi un po’. Ti piace il vento eh, Nic?! Ahahahahahaahahahah la nostra guida è quasi prossima alla crisi di nervi. Meglio mangiarci sopra va!
Ci piazziamo seduti in uno dei numerosi localini in riva al Lago. Assaggiamo il ceviche, un tipico antipasto di pesce crudo marinato nel limone. E Ciube scopre che il coriandolo (di cui il ceviche è intriso) lo fa sboccare!
Per i soliti aspiranti Masterchef http://ricette.giallozafferano.it/Ceviche.html
Nic ci racconta del suo lavoro lì e di quello che ha in mente per il suo futuro post progetto. E il giro di tavolo continua per tutto il pranzo. Lavoro, volontariato, università, radio zappa, politica, “l’Italia”… Non ci facciamo mancare nulla. L’amicizia è anche questo, e a dire il vero mancava da un po’ una chiacchierata così con Nic.
Ristorati e reidratati siamo pronti a ripartire. Sta per arrivare il pezzo forte del turista a Managua.. ma che dico, del turista in Nicaragua: Managua in miniatura!
Trattasi di una ricostruzione degli edifici più significativi che il terremoto del ’72 ha distrutto. Accatastati uno di fila all’altro su una strada in miniatura, senza rispettarne la collocazione originaria. A pagamento.
È un’esperienza che ci lascia senza parole. Ahhahahahahha non la si può proprio vedere. Nic non ha ancora smesso di ricevere offese per averci portati lì! E nemmeno Fra, che a sua volta ce lo aveva portato quando lui è si è trasferito a Managua.
L’unico valore che le possiamo concedere è quello simbolico, legato al significato – storico e politico – che per Managua ha avuto il terremoto. E Managua in miniatura celebra un po’ questo significato. …Ma farla un pochettino più carina, no?
Proseguiamo la passeggiata in quello che è stato il centro storico della città: la vecchia cattedrale, rimasta in piedi per miracolo dopo il terremoto, ma con dei segni ben visibili; Piazza della Rivoluzione, il Palacio Nacional…
(pausa acqua)
…la nuovissima cittadella dello sport, di fatto un quartiere pieno di piastre per basket, calcio, pallavolo, nonché giostre per bambini e chioschi. Uno spettacolo, gente dappertutto e vene che tirano per Ciube e Nicola che sfiderebbero persino questo caldo se avessero tra le mani un pallone da basket! (Se se…)
Ennesima indispensabile pausa acqua, ed è ormai il tramonto. Nel giro di mezz’ora è notte fonda. Sono le 18 passate e il taxi che ci porta a casa impiega una vita. È l’ora di punta.
Veneto ci accoglie scodinzolando. Anche Fra.
Ci facciamo una doccia al volo, Nic ci aspetta e via di corsa a fare la spesa per la festa di Felix. Andiamo in un supermercato “La Colonia” bello grande. Birra, vino, rum come se piovesse.
A casa di Nic veniamo accolti calorosamente. Conosciamo inquilini ed inquiline, tra cui Francesca, milanese, nostra successiva compagna di scorribande 🙂
Le birrette segnano ufficialmente l’inizio della decompressione dopo una giornata bella intensa. Escono dalla cucina teglie di pasticcio vegetariano (per una volta non sono tacciata per “quella con le malattie”) e pizza fatta in casa.
I palati più raffinati potrebbero avere qualcosa da ridire sulla musica… Roba tipo
Ciò non toglie che siamo a Managua, in vacanza, a una festa. Birra, cibo e ottima compagnia. Che altro ci serve? Ah sì, una cicca va 😉 Nic e Fra NON hanno smesso di fumare.
Tornati a casa i ragazzi chiudono in bellezza con la grappa di Brunello che i genitori di Fra ci avevano affidato. Io non ce la posso fare, e collasso nel giro di pochi minuti.
El Dia 2 volge al termine, domani si va a Leòn (che nome cazzuto)!
Hasta mañana
Lara
P.S. Introduciamo da oggi due rubriche giornaliere che abbiamo visto ripetersi con contenuti diversi ma con uguale struttura per tutta la vacanza.
“La raccomandazione di (mamma) Fra”: lasciate a casa i cellulari (chè altrimenti ve li rubano)
“La lamentela di Nic”: in sta città no ghe xe un cazzo da vedere